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La tormentata saga della famiglia Ekdhal di Uppsala agli inizi del secolo, vista con gli occhi dell'adolescente Alexander e della sorellina Fanny. Fortemente autobiografico, è il film-testamento di Bergman e un omaggio al teatro e al cinema: due mondi nei quali "tutto può accadere, tutto è possibile e verosimile". |
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“Fanny e Alexander” è prima di tutto una storia. Narrata con impareggiabile maestria registica, interpretata dalla gran parte di quegli straordinari attori che hanno accompagnato la carriera di Bergman, fotografata da Sven Nikvist, è la storia di un ragazzo che, erede di una tradizione teatrale, impara ad evadere ed interpretare il mondo attraverso l'immaginazione e la magia. Che rifiuta il rito della morte e i precetti religiosi, fino a constatare l'assenza di Dio.
Innanzitutto, Alexander non si situa al centro del film. E solo il punto di vista sui due grandi poli di attrazione dell'opera, il malefico vescovo Vergerus e l'ebreo Isaak Jacobi.
Il suo “apprendistato” esistenziale, per sfuggire al Male e per imparare ad usare il Bene avviene su quella immaginazione, su quel sogno e su quella magia che egli, figlio del teatro, impara fin da piccolo.
Non solo: ma l' “aneddoto” bergmaniano arriva a rovesciare i dati tradizionali. Contro l'apparente giustezza delle parole di Vergerus anche la menzogna di Alexander, accompagnata da quel personaggio apparentemente sfuocato ma estremamente significativo che è la sorellina Fanny, diventa una strada che conduce alla verità.
Perché in un mondo dove Dio è morto, anche l'invenzione del ragazzo appartiene a quel mondo dell'irrazionale e dell'illusione che per Bergman è la sola speranza di salvezza.
Il potere del sogno è immenso; fede nel sogno e nella magia riesce a capovolgere la realtà delle immagini.
Quando tutto sembra ormai perso l'illusione trionfa.
Questa trasformazione del sogno sulla realtà, avviene tramite quel mezzo che viene indicato come il più attendibile “traduttore” della realtà: quello fotografico e cinematografico.
La magia di Alexander è il cinema: negando le apparenze egli crea una verità propria.
Così, questa lunga e meravigliosa storia di fantasmi che ricompaiono, di porte, di prigioni che si spalancano, di fiamme purificatrici inviate a distanza, è in realtà la storia di quel meraviglioso universo cinematografico del quale, per tutta una vita, si è nutrito uno dei più grandi cineasti del nostro secolo.
Così, “Fanny e Alexander” è una confessione, condotta con maestria figurativa impareggiabile, di un artista alle soglie della vecchiaia che si volge a meditare sul cammino percorso.
Commovente e tremendamente lucido. Eterno. |
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Il testamento artistico di uno dei più grandi geni del '900. Magistrale dal prologo fino all'epilogo. E' un fiume inarrestabile di sensazioni che lambisce tutto lo spettro dell'animo umano. Bergman regala a tutti un lungo ed appassionato inno alla vita sottoforma di affresco familiare, un inno che contempla dolore, gioia, dubbio, amore, magia, sesso, illusione, morte, arte passando con disinvoltura dal registro comico a quello drammatico, dal dramma sentimentale alla ricostruzione storica, dal fiabesco fino a sfiorare l'horror. Non manca niente. E' l'opera di un gigante.
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