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Cinema, quanto ci costi Aumento del biglietto, calano Fus e spettatori

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a cura di Glauco Almonte
Premessa: in questo articolo ci sono molti più dati che opinioni. Questo perché i telegiornali ci hanno abituato che su ogni argomento ci possono essere due opinioni divergenti - spesso antitetiche - e, invece di darci i dati e gli elementi per capirli, ci danno direttamente l’opinione dei parlamentari che non entrano mai nel merito della notizia ma si limitano alla loro campagna di comunicazione fatta di slogan e insulti.
L’attualità oggi parla di aumenti sul costo del biglietto del cinema, di tagli della spesa pubblica sullo spettacolo e di sale vuote eccezion fatta per alcune commedie italiane. Proviamo ad illustrare la situazione nel dettaglio, non per trarre conclusioni me per permettere a chiunque voglia di farsi una propria idea sulla base di dati certi.

Il cinema costa 1 euro in più

Il decreto ‘Milleproroghe 2011’, convertito pochi giorni fa in legge, ha sancito una tassa di 1 euro su ogni biglietto venduto dalle sale cinematografiche (escluse quelle parrocchiali) dal 1° luglio 2011 al 31 dicembre 2013. La misura dovrebbe portare nelle casse del Governo 360 milioni in tre anni (stima del Governo), che saranno investiti – salvo cambio di destinazione in corsa – nella filiera dell’audiovisivo. Chi si fa carico di questi 360 milioni? Lo spettatore in primo luogo, visto che il biglietto costerà 1 euro in più; l’esercente, dal canto suo, potrebbe anche scegliere di contenere il rincaro e pagare quindi la differenza di tasca propria, sperando così di aumentare l’afflusso di pubblico.
La reazione degli esercenti non si è fatta attendere: molti cinema hanno subito aumentato i biglietti, che per 4 mesi comporterà loro un utile netto pari all’aumento. A Roma sono ormai più di 20 i cinema che costano almeno 8 euro, ovvero tutti quelli di Circuito Cinema (escluso il Tibur), i multiplex UGC – Space Cinema – Vis Pathé – Stardust Village, l’Adriano, l’Alcazar, il Barberini, l’Odeon e il Roxyparioli. Aumenteranno ancora questi cinema dal 1° luglio?
Quanto al pubblico, nel nostro sondaggio si è espresso in maniera sostanzialmente univoca: più della metà dei votanti è contrario a quest’aumento, solo il 20% lo accetta purché ci sia un piano di rilancio per l’industria cinematografica, ma soprattutto nessuno si dichiara favorevole nell’ottica di un adeguamento ai prezzi medi europei.
Ma quanto costa nel resto d’Europa? A prima vista si direbbe di più, nell’ordine 12 euro a Londra, 10 a Parigi, 8 a Berlino come a Roma. Grazie alla presenza del circuito UGC in molti Paesi si possono confrontare le stesse offerte: in Francia e Belgio costa il 30/35% in più, in Spagna invece costa come da noi. Ma quanto vale un euro? Purtroppo in Italia vale meno che negli altri Paesi, ovvero ha un potere d’acquisto minore: tenendo conto di tutti i parametri, scopriamo che soltanto a Londra andare al cinema pesa di più che da noi, e la differenza col resto d’Europa aumenta se oltre al biglietto consideriamo anche eventuali pop-corn e bibite.

Il “Fondo Unico per lo Spettacolo” cala ancora

Se l’aumento del prezzo del biglietto è notizia di questi giorni, l’ennesimo taglio al Fus è di queste ore: altri 27 milioni sono stati ‘congelati’, ne restano a disposizione 230. Da mesi i lavoratori dell’industria dello spettacolo protestano per i tagli, tanto che il ministro Bondi si è addirittura fatto portavoce di parte delle recriminazioni chiedendo un reintegro del fondo: che non solo non è avvenuto, ma ha appena subito un’altra sforbiciata. Sta diventando ormai un’abitudine sentire “siamo dispiaciuti” o “interdetti” da parte del ministro. Che purtroppo parla anche di “sorpresa”, lasciando intendere quanto contino cultura e spettacolo per questo Governo.
Vediamo i dati: fino a due giorni fa il finanziamento per il 2011 era di 258 milioni (poco meno del 20% è destinato alle attività cinematografiche), minimo storico, ne sono stati congelati altri 27. Negli ultimi anni l’investimento è sempre stato intorno ai 400 milioni, e anche allora le cose non andavano benissimo visto che, tenendo conto del diverso potere d’acquisto, in 25 anni l’investimento statale era già calato del 50%. Nel 2007, quindi prima degli ultimi 3 anni conditi da polemiche per i tagli, il fondo è stato del 15% inferiore a quello del 2001, nonostante negli stessi anni la spesa pubblica sia aumentata del 4,5%.
In sostanza lo Stato non ha chiuso tutti i rubinetti, ma solo quello per lo spettacolo (“con la cultura non si mangia”, le parole del Ministro dell’Economia); fino ad oggi è mancato qualsiasi piano alternativo di rilancio dell’industria, i 120 milioni l’anno che l’aumento del biglietto dovrebbe portare nelle casse dello Stato potrebbero essere il piano tanto atteso, o almeno l’inizio. Staremo a vedere.

Le sale si svuotano?

Nelle ultime settimane diversi giornali hanno notato il drastico calo degli spettatori nelle sale. Per la precisione, il primo weekend di marzo ha visto un calo del 37,5% rispetto al primo di febbraio, addirittura del 64% rispetto al primo fine settimana dopo le feste natalizie. Va detto però che gli incassi di gennaio sono stati un’anomalia, mai così alti: febbraio era nella norma, marzo invece è iniziato peggio che in tutti gli ultimi anni. Il trend negativo è opposto al 2010, quando gli incassi nel primo trimestre andarono aumentando; è simile invece al 2009 e al 2008, quando però i cali furono molto più contenuti. Se da una parte le ultime 5 settimane hanno fatto registrare molti meno spettatori rispetto allo stesso periodo negli anni passati, gli ottimi incassi del periodo precedente bilanciano il tutto. Gli spettatori italiani stanno stringendo la borsa perché hanno speso molto nei mesi passati e sempre per film simili, commedie italiane d’intrattenimento: il grafico sarebbe una curva a campana, segno che il pubblico dopo la scoperta iniziale è oggi assuefatto, ma piuttosto che rischiare un genere diverso se ne resta a casa.
Su queste basi è impossibile prevedere cosa succederà nei prossimi mesi; i fattori determinanti saranno tre: la disponibilità economica degli spettatori, l’irritazione per l’aumento del biglietto e la cadenza con cui usciranno i prodotti da botteghino, gli unici in grado di portare in sala buona parte degli italiani.