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Pier Paolo Pasolini Biografia di Pier Paolo Pasolini

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Amo la vita così ferocemente, così disperatamente…e io divoro, divoro, divoro…Come andrà a finire, non lo so.” (Pier Paolo Pasolini)

1922: Mussolini va al potere, Pier Paolo Pasolini nasce, a Bologna, il 5 marzo. Il padre, Carlo Alberto Pasolini è ufficiale di fanteria, di antica famiglia ravennate, la madre, Susanna Colussi, è maestra elementare, di famiglia contadina originaria di Casarsa nel Friuli.
Durante l’infanzia e l’adolescenza, a causa dei continui trasferimenti del padre si sposta prima a Parma, quindi a Belluno, Conegliano, Cremona e Reggio Emilia. Fondamentali rimangono i soggiorni estivi a Casarsa, “vecchio borgo… grigio e immerso nella più sorda penombra di pioggia, popolato a stento da antiquate figure di contadini e intronato dal suono senza tempo della campana .”
Dopo il liceo, nel 1939 s’iscrive alla Facoltà di Lettere dell’Università di Bologna, dove vive “il grande periodo dell’Ermetismo, studiando e vivendo ingenue relazioni letterarie con i suoi coetanei”.
Nel 1942 pubblica a proprie spese un volumetto di poesie scritto in dialetto friulano. Nello stesso anno, il padre “antagonista e tirannico” con cui ha un rapporto conflittuale feroce e tragico, viene fatto prigioniero degli inglesi in Africa.
L’8 settembre del ’43 Pasolini fugge da sotto le armi e torna a Casarsa. Dopo la fuga dalle armi, “ossessionato dall’idea di finire uncinato; ché così finivano nel Litorale Adriatico i giovani renitenti alla leva o dichiaratamente antifascisti”, Pasolini trascorre i lunghi mesi dell’occupazione nazista nella cittadina friulana e nel vicino borgo di Versuta. Qui, in casa, con mezzi di fortuna, organizza una scuola gratuita per pochissimi alunni, mentre continua ad occuparsi del recupero del dialetto friulano con un gruppo di amici. Nel 1944 esce il primo di due quaderni intitolati “Stroligut di cà de l’aga” il primo documento dell’attività del gruppo che nel febbraio del 1945 fonderà l’Academiuta di Lenga Furlana.
Delle privazioni, dei pericoli, degli amori omosessuali, degli incontri, di quegli anni vissuti a contatto con la natura, Pasolini racconta in diari, in scritti autobiografici, e in abbozzi letterari rimasti allora inediti.
Nel maggio del 1945 riceve la tragica notizia della morte del fratello Guido (nato nel 1925). Nell’autunno di quello stesso anno si laurea con una tesi dal titolo “Antologia della lirica pascoliana (introduzione e commenti)”. Sempre in quell’autunno, finita la guerra, torna dalla prigionia del Kenia il padre, “reduce, malato, avvelenato dalla sconfitta del fascismo…distrutto, feroce, tiranno senza più potere”. Il ritorno del padre, la morte del fratello e il dolore della madre rendono questo periodo il più tragico della sua vita.
Nel frattempo, cominciano le pubblicazioni e prosegue la sua fervente attività poetica. Nel 1947 scopre Marx e il Partito Comunista, ai suoi occhi strumento per “trasformare la preistoria in storia, la natura in coscienza”.
Nel 1949, “come in un romanzo”, fugge con la madre a Roma. “Per due anni fui un disoccupato disperato, di quelli che finiscono suicidi; poi trovai da insegnare in una scuola privata a Ciampino per ventisettemila lire al mese”. Dopo due anni di lavoro accanito nel 1951 si trasferisce da piazza Costaguti, nel quartiere ebraico, a Ponte Mammolo, sulla Tiburtina, “in una casa restata definitivamente senza tetto”.
Così Pasolini, anche con l’aiuto dell’amico Sergio Citti, uno dei ragazzi conosciuti in borgata con cui lavorerà fino all’ultimo, scopre il popolo della periferia: la Roma delle borgate che diverrà lo scenario dei suoi romanzi di maggior successo. Nel contempo, però, comincia a entrare in contatto con gli ambienti letterari romani, con gli scrittori e poeti Penna, Bassani, Caproni, Gadda e Bertolucci. Allacciando, inoltre, uno stretto rapporto con il gruppo di intellettuali che si riunisce intorno alle riviste, «Il contemporaneo», «Paragone» e «Vie nuove», partecipa attivamente a iniziative editoriali, a polemiche letterarie, pubblicando testi di vario tipo.
Si accosta anche all’ambiente del cinema e con l’aiuto di Giorgio Bassani, partecipa alle prime sceneggiature cinematografiche: nel’54, per il film “La donna del fiume” di Mario Soldati; e l’anno successivo, assieme a Bassani, per “Il prigioniero della montagna” di Luis Trenker; mentre nel’57 collaborerà, come filologo per le battute in romanesco, alla sceneggiatura de “Le notti di Cabiria” di Federico Fellini.
Migliorata intanto la sua situazione economica, si trasferisce in un appartamento nel quartiere di Monteverde Nuovo. Prosegue nel contempo la sua produzione poetica: nel 1954 raccoglie tutti i versi scritti in dialetto, specie a Casarsa durante gli anni della guerra e del dopoguerra, nel volume “La meglio gioventù”.
Nel 1955, con gli antichi compagni d’università, Leonetti e Roversi, fonda a Bologna la rivista critica “Officina” che vede anche la collaborazione di Fortini, Volponi e molti altri critici e intellettuali militanti. In quello stesso anno dà alle stampe il primo romanzo, destinato a dargli il successo e la fama, “Ragazzi di vita”. Nel chiuso orizzonte degli anni Cinquanta il libro suscita accese polemiche e Pasolini viene incriminato per oscenità.
Stringe intanto nuove amicizie, in particolar modo con Alberto Moravia, Elsa Morante e con l’attrice Laura Betti; e si fa protagonista di varie polemiche politiche e intellettuali. Nonostante la notorietà Pasolini continua a trascorrere la maggior parte della sua vita “al di là del confine della città, oltre i capolinea”. In mezzo al sottoproletariato romano che gli ispira, oltre ad alcuni versi, un nuovo romanzo “Una vita violenta” (1959).
A partire dal 1960 Pasolini passa dalla letteratura al cinema. Nel giro di pochi anni firma, oltre a varie sceneggiature, la regia di numerosi film, inizialmente di scarso successo, ma che comunque impongono la sua figura sulla scena pubblica, suscitando spesso scandalo e polemica. La sua fama intanto si diffonde anche sul piano internazionale e le sue opere vengono tradotte in numerose lingue.
L’attività cinematografica gli consente di allargare i suoi contatti con gli ambienti più diversi. Stringe amicizia con la grande cantante lirica Maria Callas, protagonista del film “Medea”, ma in molti suoi film fa recitare anche gli amici di borgata come Ninetto Davoli, “barbaro e innocente…incarna il mito della Roma assediata al sud-est della cintura urbana”. Nel contempo prosegue la sua attività di narratore, di poeta, di saggista e polemista. Nel’60 escono “Roma 1950”, “Diario”, “Sonetto primaverile”, “Il sogno di una cosa” (romanzo scritto tra il ’48 e il ’49) e “Passione e ideologia” (raccolta di saggi critici scritti tra il ‘48 e il ‘58); mentre nel ’64 viene pubblicata la raccolta di poesie “Poesia in forma di rosa”, cui segue nel’65 “Alí dagli occhi azzurri” (volume che raccoglie una serie di racconti e bozzetti).
Il 1965 segna l’inizio della sua produzione teatrale. Oltre alla stesura del Manifesto per un nuovo teatro (pubblicato nel 1968 sulla rivista diretta dal ’66 con Moravia e Alberto Carocci, “Nuovi Argomenti”), scrive e pubblica con tempi e modalità diverse una serie di sei tragedie: “Pilade”, “Affabulazione”, “Calderón, Orgia”, “Porcile” (legata all’omonimo film) e “Bestia da stile”.
I suoi numerosi saggi critici e interventi degli anni Sessanta sulla letteratura, il cinema e la lingua sono raccolti nel volume “Empirismo eretico” (1972).
Negli anni successivi s’intensifica notevolmente la sua attività di critico militante sui giornali e sulle riviste. Sul settimanale “Tempo” tiene dal ’68 al ’70 la rubrica “Il caos”; mentre sempre sullo stesso settimanale dal ’72 al ’74 curerà una rubrica di critica letteraria.
Il vertice della saggistica provocatoria dell'autore è costituito da due volumi: la raccolta d’interventi apparsi su vari giornali dal ’73 al ’75, “Scritti corsari” (1975) e “Lettere luterane”, raccolta di articoli pubblicati sul “Corriere della Sera” e su “Il Mondo” nel corso del 1975. In questi scritti, rivelatisi con il trascorrere degli anni profetici, Pasolini, come un “corsaro, eretico, solitario e controcorrente”, si fa censore del costume nazionale, scagliandosi contro tutto ciò che sente inautentico. Contro il mondo borghese, il capitalismo e il neocapitalismo, la società di massa e il consumismo, il villaggio globale, la televisione, l’omologazione, la rivoluzione antropologica, il Palazzo, contro il Sessantotto, l’aborto, il divorzio, contro lo stalinismo e l’invasione dell’Ungheria.
Ferocemente e dolorosamente ripiegato in un pessimismo assoluto nei confronti della realtà violentemente degradata, Pier Paolo Pasolini, il corsaro dalla disperata vitalità, muore assassinato in circostanze oscure nella notte tra l’1 e il 2 novembre 1975. All’alba del 2 novembre viene trovato ucciso in uno spiazzo polveroso, all’Idroscalo di Ostia, e per una raccapricciante fatalità, proprio nella periferia suburbana di “Ragazzi di vita”, di “Una vita violenta” e di “Accattone”.
Pochi giorni dopo la morte, esce “La divina Mimesis”, singolare trascrizione dell’Inferno dantesco; dopo di che negli anni seguenti vedono la luce numerosi altri suoi testi inediti, sparsi o incompiuti. Per quanto riguarda la narrativa, “Amado mio”, “Atti impuri” (1983) e “Petrolio” (1992); per la poesia, “Le poesie” (antologia, 1975), “Poesie e pagine ritrovate” (1980), “Poesie dimenticate” (1980). Per quanto riguarda la saggistica e gli scritti giornalistici, “Il sogno del centauro” (1983), “Lettere agli amici. 1941-1945” (1976), “Lettere 1940-1954” (1986), “Volgar’eloquio” (1987), “Lettere 1955-1975” (1988), “Il portico della morte” (1988), “I dialoghi” (1992), “Antologia della lirica pascoliana” (1993), “Vita attraverso le lettere” (1994), “Interviste corsare” (1995).
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