Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Disney Quando la fantasia si fa immagine

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a cura di Andrea Olivieri
Il disegno, il movimento di figure, aiutano a concretizzare la fantasia e a darle un fondo di veridicità che talvolta può apparire fuggevole o sfocato. E infatti, attraverso la sua animazione, Disney è riuscito nel suo obiettivo: quello di sopperire alle carenze di immaginazione della mente umana e di contribuire ad essa con figure, suoni e movimenti. Una fantasia che, quando utilizzata nel modo giusto, può dare vita a splendide e immortali invenzioni. Disney stesso dichiarò che "la fantasia, se è realmente convincente, non può passare di moda, per la semplice ragione che rappresenta un volo al di là del tempo". Guardando un lungometraggio come "Fantasia" (1940) o "Bambi" (1942), o ancora "Le avventure di Peter Pan" (1953) o "Lilli e il Vagabondo" (1955), non si può dire che siano "vecchi": potrebbero essere stati prodotti anche solo un anno fa, ed i risultati sarebbero, se non gli stessi, molto simili. Per certi punti di vista ne sono la conferma gli ultimi lavori dell'azienda americana, a cominciare dal lungometraggio "La Bella e la Bestia" (1991) che si è imposto al grande pubblico non solo come eccezionale lungometraggio animato, ma anche come splendida favola, nella migliore tradizione disneyana, e come bel film, tanto da guadagnarsi la nomination all'Oscar come "miglior film". Poi fu la volta di "Aladdin" (1992), "Il Re Leone" (1994), "Pocahontas" (1995), "Toy Story" (1995, è il primo prodotto della Pixar per la Disney), "Il gobbo di Notre Dame" (1996), "Hercules" (1997), "Mulan" (1998) e "A Bug’s Life" (1998) e "Dinosauri" (2000). Nello stesso anno, la Walt Disney torna a un film di puro divertimento, in cui una leggenda precolombiana è solo lo spunto per una ritmata avventura ricca di trovate e personaggi azzeccati: "Le follie dell’imperatore" è una storia davvero semplice (un egoista e viziato sovrano viene trasformato dalla invidiosa consigliera in un lama), ma ravvivata da continue e spumeggianti invenzioni visive e di scrittura. I personaggi sono simpaticamente sopra le righe, in apparenza facilmente etichettabili in "buoni" e "cattivi", ma in realtà molto più sfaccettati. E per una volta, sulla morale (che ovviamente non manca) prevale la forza delle gag e la ridicolizzazione dei caratteri. Abbandonate le storie romantiche e toccanti di principesse, re e affini, la Disney si lancia nel mondo dell’avventura. Niente balletti, canzoncine, animaletti simpatici e colorati: "Atlantis - L'impero perduto" (2001), è un "fantasy-action" dove c'è appena spazio per una piccola "simpatia" tra due dei protagonisti. Del resto l'ispirazione è di quelle che non hanno bisogno di annessi e connessi: nientemeno che il mito di Atlantide, con tutto il suo bagaglio di sommergibili, mostri marini e magiche energie. Nel 2001 la Pixar colpisce nuovamente nel segno, con un lungometraggio che abbina la tecnologia più sofisticata al piacere della narrazione: il sorprendente "Monster & Co." (2002) racconta cosa potrebbe nascondersi dietro al buio notturno di armadi e porte cigolanti. Si entra così a contatto con un mondo fatto di mostri, la cui sopravvivenza dipende dall'energia ottenuta dalle urla di spavento procurate ai bambini. L'universo inventato dai creativi della Pixar ribalta quindi il punto di vista ed immette lo spettatore in una dimensione parallela, dove fare paura diventa un lavoro che richiede costanza, attitudine e determinazione. Regole analoghe, quindi, al mondo umano, a partire dall'organizzazione fino alle dinamiche sociali del successo e della competizione. Dopo anni, quindi, di esperimenti grafici, dominati dalla Computer Animation, la Disney ricrea la magia del disegno animato che ha caratterizzato i suoi più grandi film. Sono proprio gli acquerelli gli effetti speciali del film d'animazione: "Lilo & Stitch" (2002). Splendidi fondali attirano lo sguardo dello spettatore che vede passare sullo schermo una carrellata di scene che toccano attimi d'azione, poesia e buon umore. Nel 2002, sedotta ancora una volta da Robert Louis Stevenson e dal suo romanzo "L’isola del tesoro", la Disney trova la miscela giusta per un film avventuroso: "Il Pianeta del Tesoro", rivisitato in chiave futuristica, narra le avventure del giovane quindicenne Jim Hawkins che entra in possesso della mappa di un immenso tesoro intergalattico. Imbarcatosi in cerca di avventure e di fortuna, Jim incontrerà un carismatico cyborg, Long John Silver, con cui instaurerà una forte amicizia. Ben presto Jim dovrà affrontare molte difficoltà, compreso un doloroso tradimento e il suo diverrà un viaggio di vita. Nel 2003 la critica americana ha salutato la pellicola "Alla ricerca di Nemo" come un vero trionfo della major. Dalle profondità dell'oceano, una galleria di personaggi che spaziano dal pesciolino Nemo al temibile squalo Bruce e alla tartaruga Crush, s'impongono per carisma e poesia. Nemo, con la sua incantevole fantasia riesce a mettere in luce un design del tutto innovativo, tipico dei primi film Pixar. Dopo il grandissimo successo del pesciolino fresco di statuetta, contromano nell'autostrada della rivoluzione digitale, la Disney sforna un prodotto dal sapore d'altri tempi, arricchito da ottima animazione a mano e con i bambini come target principale: "Koda fratello orso" (2003). Ma è la fattoria la protagonista della successiva scommessa cinematografica "Mucche alla riscossa" (2004), l’ultimo lavoro di casa Disney in 2-D. Il film si presenta come ibrido e forse compromesso, tra due nature diametralmente opposte, ponendosi a metà tra "Le follie dell'imperatore", di cui imita e riprende lo stile grafico irregolare e scarno, ed i grandi classici del passato, con le loro ridondanze musicali, le canzoncine e motivetti che, da qualche tempo, sembravano essere state messe in un angolo.
Abbandonati i microcosmi che costituivano realtà parallele somigliantissime (quella dei giocattoli, delle formiche, dei mostri dell’infanzia, etc), tra citazioni fumettistiche e cinematografiche (da Spiderman a 007), l'occhio sempre curioso della Pixar si sofferma su "Gli Incredibili" (2004). La satira dolce lascia il posto alla pura avventura, in un tripudio di effetti e di situazioni estreme appartenenti al codice genetico del genere, qui riproposte in chiave parodistica. Ma sarà la favola di "Chicken Little" il film di Natale 2005. Il primo in digitale prodotto direttamente dalla Disney: un gioiello di tecnologia su cui hanno lavorato più di centocinquanta animatori, formati apposta per l’impresa, che però rispetta tutti i canoni classici dell’animazione vecchio stile: un’atmosfera anni Cinquanta, una certa morbidezza del tratto grafico e una storia piena di buoni sentimenti con personaggi animali molto, molto "umani".
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