Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Ruoli e mestieri nel cinema Prestigiatori

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a cura di Flavia D'Angelo
Esce nelle sale italiane il 9 gennaio “C'era una volta a New York” di James Gray, melodramma romantico ambientato negli anni '20 del Novecento che ruota intorno al triangolo amoroso tra una sfortunata emigrante polacca, lo sfruttatore ossessionato da lei e il cugino di lui, un affascinante mago. Mago per dire prestigiatore, un mestiere che ha da sempre affascinato la settima arte e che ha guadagnato nuovamente un posto in primo piano nelle pellicole degli ultimi dieci anni.
Prima di iniziare un'ideale, e assolutamente non esaustiva, carrellata tra i film che hanno messo in scena gli uomini che si muovono sul sottile confine tra arte dell'illusione e affronto della truffa bisogna innanzi tutto ricordare quanto il pre-cinema abbia in comune con i trucchi della prestidigitazione. Lo stesso Méliès era un abile prestigiatore e alcuni dei suoi primi corti usano il montaggio – trucco cinematografico per eccellenza, che inganna l'occhio confondendo anche la percezione del tempo lineare – per rappresentare stratagemmi simili a quelli con cui incantava il pubblico. E da qui, idealmente, si dipana la prima enorme differenziazione tra gioco di prestigio e vera e propria illusione: mentre il prestigiatore ha solo se stesso e la propria abilità per ingannare il pubblico, il cinema ha molto di più. A grandi risorse spesso si accompagnano grandi tentazioni e come l'illusionista dei teatri di provincia può cedere al desiderio di innalzarsi da intrattenitore a artista a vero e proprio "mago" per il suo pubblico, così il cinema può decidere di stordire con effetti (trucchi) speciali perdendo in atmosfera quello che acquista in meraviglia.
Nel malinconico e imperdibile “L'illusionistaSylvain Chomet, al suo secondo lungometraggio animato, adatta una sceneggiatura inedita di Jacques Tati – anche lui mimo e attore oltre che regista – raccontando l'illusione parallela di due personaggi: un anziano prestigiatore i cui trucchi non stupiscono più nessuno e una ragazza che, invece, lo crede un vero mago e decide per questo di seguirlo. Ogni artista brama gli applausi del pubblico, prova tangibile che coloro che sono venuti per essere ingannati sono usciti appagati dallo spettacolo che è, quindi, tanto più efficace quanto più è realistico. E questo, a ben vedere, vale sia per le esibizioni di magia sia per le proiezioni cinematografiche... E' facile, però, perdere di vista la realtà confondendo le convinzioni del pubblico con le proprie aspirazioni. Si tratta, forse, della "malattia professionale" degli illusionisti, di cui si ammala il protagonista di Chomet ma che – in un'ideale rincorsa tra realtà e finzione – ha anche segnato la fine del più famoso mago della storia: Harry Houdini.
Houdini muore a cinquantadue anni in seguito a una serie di sfortunate circostanze, tutte legate al suo desiderio di alimentare la propria fama di illusionista talmente abile da diventare leggendario. Il più famoso film sulla sua vicenda biografica è probabilmente “Il mago Houdini” (1953) di George Marshall con Tony Curtis e Janet Leigh. Si tratta di un melodramma adatto al gusto dei tempi, oggi lo definiremmo "datato", che curiosamente tace il fatto che l'amata moglie di Houdini fosse anch'essa una prestigiatrice. Relegata al ruolo di assistente-soubrette la donna-mago non ha molta fortuna al cinema. In tempi più recenti Houdini è tornato in sala interpretato da Guy Pierce in “Houdini – L'ultimo mago” di Gillian Armstrong. La pellicola si rivela piuttosto deludente, usando una parte fondamentale dell'attività di Houdini – abile smascheratore di finti medium – per costruire un thriller sentimental-soprannaturale.
Maghi finiti che si credono veri, finti maghi creduti reali: tutto ci porta al capostipite dei maghi cinematografici, quel Mago di Oz che ha affascinato generazioni di spettatori e – prima ancora – di lettori. Nel “Il Mago di Oz” di Victor Fleming, anche se la protagonista è la coraggiosa ragazzina interpretata da Judy Garland, il titolo del film è tutto per lui, per il "mago", la rappresentazione della magia che ogni personaggio cerca per risolvere i suoi guai. Il film insegna che non esistono magie in grado di sistemare le cose, dobbiamo credere in noi stessi senza investire le nostre speranze in illusioni magniloquenti quanto, alla fine, patetiche. Da non dimenticare l'anno in cui esce il film: siamo nel 1939, alla vigilia della II Guerra Mondiale. Del film è uscito un prequel firmato da Sam Raimi l'anno scorso (2013) dichiaratamente centrato sulla figura di Oscar/Oz (James Franco), un misero illusionista del Kansas catapultato per magia – questa sì vera – in un mondo incantato. Di fronte a un ambiente ostile, investito dalle aspettative di una principessa fatata che vede in lui il salvatore annunciato da una profezia, Oscar dovrà usare i suoi trucchi per convincere tutti di essere quello che non è restando, infine, prigioniero di se stesso.
Ma dobbiamo fare un passo indietro, al 2006, anno in cui si presentano sugli schermi ben tre prestigiatori, segnando il rilancio di questa figura nell'immaginario cinematografico. Siamo nel pieno dello scandalo dei mutui subprime americani, l'inizio di una fase di recessione mondiale dovuta, oltre che a una dilagante corruzione, ad abili trucchi speculativi, all'illusione di una realtà inesistente di crescita perenne e al più classico gioco di prestigio: quello delle “tre carte” in cui il rischio è stato spostato da una categoria di investitori all'altra fino al collasso. Il prestigiatore, quindi, mantiene l'aura romantica del passato ma diventa anche una figura pericolosa, capace di tenere in scacco re e regine.
The Illusionist” di Neil Burger lavora su atmosfere ambigue, confondendo fino alla fine il pubblico riguardo al genere di film che si sta guardando: thriller soprannaturale o giallo melodrammatico? In fondo è questo il trucco più bello: lasciare il dubbio fino alla fine e, magari, anche dopo. Il film è ambientato nell'Ottocento: un umile popolano diventa un famoso illusionista (Edward Norton) e cerca di usare le sue abilità per coronare il sogno d'amore che lo lega alla nobile Sophie (Jessica Biel), promessa sposa a un principe malvagio. Magia e melodramma anche qui: siamo ben lontani dal fuliminante “The Prestige” di Christopher Nolan con Hugh Jackman e Christian Bale. Qui i prestigiatori sono due, rivali, e di melodramma romantico non se ne vede traccia. Spiazzante e, in fondo, antitesi del film di Burger la pellicola confonde ugualmente gli spettatori fino all'ultimo secondo. Film sulla magia ma anche sulle capacità illusionistiche e allucinanti della scienza è, forse, quello che più è riuscito a rappresentare al cinema l'ossessione per l'artificio coniugando le capacità del mezzo cinematografico all'atmosfera avvelenata del palcoscenico.
Nello stesso anno esce anche “Scoop” di Woody Allen e finalmente il pubblico riprende fiato: lo Splendini di Woody è un prestigiatore classico, anche se collabora con una giovane giornalista per aiutare un suo collega defunto a realizzare lo scoop della sua vita, e intrattiene il pubblico senza spaventarlo. Qui la professione di prestigiatore serve a sottolineare ancora una volta l'inadeguatezza del personaggio di Allen a vivere la realtà così com'è, preferendo rifugiarsi dietro elaborati artifici. Al dunque, tuttavia, Splendini non si tirerà indietro e, pur di salvare la bella Sonda (Scarlett Johansson), rischierà tutto. Anche in “Scoop” la magia “reale” convive con l'illusione del palco, così come ne “Il Mago di Oz”. In fondo, sembra dirci Woody, a questo mondo ci sono talmente tante cose incredibili che pretendere di dare un nome a ognuna di esse nel corso di una breve vita è inutile... Non la pensa così, però, l'Arthur Tressler di “Now you see me – I maghi del crimine” (2013) : per il magnate della finanza interpretato da Michael Caine è vitale capire con quale trucco i cosiddetti Quattro Cavalieri, tutti esperti prestigiatori, hanno svuotato le sue casseforti. Non dimentichiamoci, infatti, che l'illusionismo è inganno e inganno fa rima con crimine... Nel film di Louis Leterrier – l'ultimo prima di “C'era una volta a New York” con protagonisti dei prestigiatori – il trucco serve a ingannare e derubare, che sia a fin di bene conta poco. Chi controlla le illusioni può, letteralmente, fare di tutto e il prestigiatore torna a fare – almeno un po' – paura.
Non ci resta che aspettare l'Orlando di Jeremy Renner per vedere se l'ultima tendenza della magia cinematografica vuol farci sospirare romanticamente per l'uomo che tira fuori la colomba dal cilindro o sobbalzare di sorpresa per colui che sega in due, flemmatico, la sua assistente.