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Marco Bellocchio Biografia di Marco Bellocchio

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a cura di Glauco Almonte
Marco Bellocchio nasce a Piacenza nel 1939, figlio di un avvocato ed un’insegnante.
La sua educazione è fortemente cattolica, almeno fino alle superiori, frequentate in un istituto religioso; a vent’anni, da poco iscritto a Filosofia alla Cattolica, decide di spostarsi da Milano a Roma per iscriversi al Centro Sperimentale di Cinematografia.
Nella prima metà degli anni ’60 si trasferisce a Londra alla Slade School of Fine Arts; il suo primo lungometraggio è del 1965, quando ha appena 26 anni. I pugni in tasca è un capolavoro, Bellocchio si impone da subito all’attenzione internazionale: la famiglia, vittima di questo primo film, è dilaniata quasi con ferocia nella sua essenza di punto fermo della società borghese. Locarno lo premia con la Vela d’Argento, mentre in Italia le critiche sul tema scottante fan sì che venga rifiutato alla selezione ufficiale di Venezia.
Le opere successive sono La Cina è vicina, stavolta accettato a Venezia e vincitore del Premio Speciale della Giuria, e Discutiamo, discutiamo..., uno degli episodi del film Amore e rabbia firmato, insieme a lui, da Pasolini, Bertolucci, Godard e Lizzani.
In questa seconda parte degli anni ’60 non sono più soltanto i valori borghesi al centro delle critiche di Bellocchio, ma anche se non soprattutto gli atteggiamenti sterilmente (e masochisticamente) passivi di gran parte della sinistra italiana.
Gli anni ’70 si aprono con due pellicole notevoli, Nel nome del padre e Sbatti il mostro in prima pagina, quest’ultima con uno splendido Volonté nei panni del ‘mostro’ creato dal potere.
Il 1975 è l’anno di Matti da slegare, primo documentario del regista emiliano, incentrato sul mondo dei manicomi e, di riflesso, sulla società italiana. Passeranno soltanto 3 anni, ed i manicomi verranno chiusi per legge. La prima fase della carriera di Bellocchio si può definire conclusa con un altro documentario, Marcia trionfale, sulla vita militare e sul senso che questa mantenga negli anni ’70.
Con Il Gabbiano, realizzato nel 1977 per la televisione, l’attenzione per il testo letterario come punto di partenza per un lavoro non è occasionale: dopo Checov toccherà a Pirandello con Enrico IV, ma il filone d’autore verrà ripreso ancora alla fine degli anni ‘90.
Un Bellocchio maturato è quello che, negli anni ’80, inizia a parlare di sé e, più profondamente, del sé dell’uomo, della sua identità, della sua interiorità e, qualche anno dopo, della sua psicologia. Sono gli anni di Salto nel vuoto, di Gli occhi, la bocca e di un altro documentario, Vacanze in Val Trebbia. Il decennio si chiude con due lungometraggi, Il diavolo in corpo e La visione del Sabba, che anticipano di poco un’opera profonda, intenzionata a scavare a lungo nell’uomo: La condanna, che gli regala il più grande riconoscimento di critica mai ricevuto, l’Orso d’argento al Festival di Berlino.
Agli sgoccioli del millennio assistiamo ad una fase meno luminosa, con pellicole buone ma di successo limitato quali Il sogno della farfalla, un documentario sulle Brigate Rosse Sogni infranti – Ragionamenti e deliri, Il principe di Homburg e La balia, nel quale dirige per la seconda volta Michele Placido, uno dei suoi punti di riferimento nell’ultima fase della sua produzione, assieme a Maya Sansa e, soprattutto, a Sergio Castellitto. Questo periodo è chiuso da un’opera molto personale, Addio al passato, un documentario su Verdi, la sua Piacenza e la musica lirica.
Il rilancio, a livello di pubblico e di critica, porta il nome de L’ora di religione, una sorta di ritorno al passato nel quale presa di mira non è solo la famiglia borghese, ma il rapporto tra religione e opportunità, tra bigottismo e libertà. Un ritorno ad un passato diverso, storico e non registico, si ha con Buongiorno, notte, ancora le Brigate Rosse, nel particolare del sequestro-Moro, per dire qualcosa di diverso da Sogni infranti, per parlare di prigionia, ma soprattutto di libertà.
E siamo agli ultimi film, con Il regista di matrimoni, al ritorno di Castellitto, delle crisi religiose, ma anche a nuovi aspetti della propria sfera privata, del proprio essere regista e del riversarlo su un suo altrimenti non ipotizzabile alter ego. Vincere è uno straordinario ritratto di Ida Dalser, la donna rinnegata da Mussolini, un film di assoluto livello capace di riscuotere consensi unanimi nonostante il difficile soggetto. Ha invece l'aspetto di una chiusura del cerchio Sorelle Mai, film a episodi girato in 10 anni nella casa di famiglia di Bobbio, la stessa dove girò I pugni in tasca: la famiglia non è più vittima, ma soggetto; i figli Pier Giorgio ed Elena fanno da collante alle storie che compongono il film, accompagnati dalle anziane sorelle Letizia e Maria Luisa.
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Sangue del mio sangue | Marco Bellocchio
Sangue del mio sangue | Marco Bellocchio
Bella addormentata | Marco Bellocchio
Bella addormentata | Marco Bellocchio
Vincere | Marco Bellocchio
Il regista di matrimoni | Marco Bellocchio
Buongiorno, Notte | Marco Bellocchio
L'ora di religione | Marco Bellocchio
I pugni in tasca | Marco Bellocchio
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Marco Bellocchio | Marco Bellocchio
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La recita della storia | Marco Bellocchio
Diavolo in corpo | Marco Bellocchio
Il cinema in rivolta | Marco Bellocchio
Il cinema e il caso Moro | Marco Bellocchio
Marco Bellocchio. Il cinema e i film | Marco Bellocchio
Le forme della ribellione. Il cinema di Marco Bellocchio | Marco Bellocchio
Marco Bellocchio. I pugni in tasca | Marco Bellocchio
Marco Bellocchio. Buongiorno, Notte | Marco Bellocchio
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