Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Ridley Scott L'eterno 'Duellante'

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a cura di Vaniel Maestosi
Fin dai tempi di “Blade Runner” a Ridley Scott è sempre interessato il duello, cinematografico e non solo. Il contrasto netto e continuo tra due entità conviventi ma contrapposte. Con questo spirito ha attraversato e infervorato le arene del suo “Gladiatore”, contrapponendo bene e male senza mai però schierarli agli antipodi. Solo un anno dopo “American Gangster”, ennesimo riuscitissimo duello malavitoso, a conferma della sua incredibile e copiosa vena narrativa, ecco presentare “Nessuna Verità”. Si esce dal colosseo e dalle insanguinate grida dei gladiatori, per passare all'interno della CIA, nel sostrato nero che anima l'agenzia segreta più famosa al mondo che ogni anno offre decine e decine di spunti cinematografici che nessuno si fa sfuggire. La divina CIA, invisibile ma citatissima, è l'ideale paesaggio per Scott dove poter inserire il suo nuovo scontro, un altro lato del bene e del male pronto a confontarsi e ad annientarsi.
Ed e Roger si toccano, si parlano, fanno apparentemente lo stesso lavoro anche se decisamente diverso. Il primo comanda da una scrivania, l'altro esegue, inviato nei posti più “caldi” del pianeta, o perlomeno dovrebbe perchè spesso invece dubita e domanda, disubbidisce anche e cambia le carte in gioco, perlomeno prova a farlo.
Russel Crowe, al terzo film consecutivo col regista inglese classe 1937, stavolta senza muscoli e ideali offre un'interpretazione sobria, in linea con il suo avversario-amico Leonardo Di Caprio, ormai troppo bravo per avere anche un solo piccolo problema con una sceneggiatura perfettamente oliata e prevista, anche prevedibile ma tecnicamente inappuntabile, così come tutto il cinema di Ridley, dove regia e montaggio diventano forma e purezza visiva, risultando intoccabili ma quasi mai davvero perfetti.
Ridley Scott proviene dalla palestra formativa del cinema pubblicitario - "È opinione diffusa che il film stia un piano più alto della pubblicità. Io non l'ho mai pensato. La pubblicità mi ha portato dove sono. È stata la vera scuola per la tecnica filmica" - oggi è tra i registi più importanti e rispettati, perlomeno sul piano della messa in scena. Illustratore formidabile, la sua maturità di organizzatore di forme e di spettacoli è immediatamente riconoscibile per la misura, il tono, l’intelligenza. Una volta in possesso degli elementi della sceneggiatura e delle singole sequenze Ridley Scott compie meraviglie sul piano dell'invenzione registica: basti osservare con quale brio, con quale inventiva nella scelta delle inquadrature, dei toni di colore, dei suoni e delle musiche, del ritmo di montaggio, Scott risolva l' 'impegno' interpretativo dei codici espressivi e dei contenuti.
Thriller gotici, fantascienze varie, la fascinazione per l'itinerario proibito dell'attrazione viscerale ("Hannibal") e road-movie ("Thelma & Louise"); Ridley Scott, abile disegnatore nel cinema (ha lavorato per la BBC come scenografo), manifesta la volontà di usare tutto ciò che l'industria cinematografica possiede, sia nel campo della tecnica che della linguistica: se "I duellanti", presentato al Festival di Cannes nel 1977, è l'esordio del regista e ""Alien"" è il prototipo del suo cinema, la sensazione forte che traspare dai suoi racconti cinematografici, è proprio quella di dare al concetto di guerra, battaglie e onore, un qualcosa di profondo e 'metafisico' che va al di là dell’importanza della vita stessa.
Un cinema solitamente trionfalistico, una meccanica di coerenza e energia ben oliata dalle furibonde incursioni nel tecnicistico; la presenza imperiosa degli ambienti, luci e dominanti cromatiche finiscono giustamente per imprimersi nella memoria corretta e glorificata dal rigore dello stile. Intuizioni visive fino all'intimità delle carni lacerate ("Black Hawk Down"); una specie di 'follia' postmoderna sfumata di effetti speciali, rimandi epici, effetti surrealistici ed incrostazioni digitali: ma il cinema rimane innanzitutto l'arte di 'come' si dice qualcosa. Lo dice anche Alain Resnais: "mi accusano dì essere un formalista, di privilegiare l'espressione. Ma è proprio grazie a questa che riesco ad esprimermi, a creare ... ".
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