Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Steven Soderbergh La finzione implicita in ogni manifestarsi

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a cura di Andrea Olivieri
"Ma voi siete fuori di testa! Io mi intendo di impianti di sicurezza di casinò, li ho inventati io e non c'è verso: Sono insuperabili". Così parlò Reuben Tishkoff (Eliott Gould), ex proprietario di un casinò e grande amico di Danny Ocean.
Il gusto per la struttura narrativa: intelligenza e divertimento si coniugano all'autoironia. Ha affermato Soderbergh - "'Ocean's thirteen' è stato fatto soprattutto per il piacere di lavorare ancora insieme e anche perché George (Clooney) voleva un 'gran finale' e non era completamente soddisfatto di quanto ottenuto nel capitolo precedente, 'Ocean's twelve'. Però questo è l'ultimo capitolo, abbiamo messo la parola fine, nonostante le insistenze del produttore".
Questa volta la banda dei ladri più simpatici di Hollywood torna a Las Vegas dove tutto era cominciato. Nel terzo capitolo della saga Danny Ocean organizza un colpo ai danni di Willy Banks (Al Pacino), colpevole di aver mandato in rovina Reuben Tishkoff, amico di Danny. Una serie all-star con il terzetto di punta Clooney, Pitt, Damon, schierato contro la diabolica new entry Al Pacino. Come negli altri due episodi compariranno ancora Andy Garcia, Don Cheadle e il grande Elliott Gould. Soderbergh chiama poi una delle attrici più versatili del cinema americano: Ellen Barkin. Già in coppia con Pacino quasi vent'anni fa nel film di Harold Becker, "Seduzione pericolosa".
Cineasta dalla personalità e dai risultati sorprendenti, capace di alternare prestazioni sofisticate e brillanti, ad altre piene invece di corpo, potenza e di visceralità (Traffic), Steven Soderbergh ci ha da tempo quasi assuefatto alla sua irrefrenabile voglia di sperimentare che peraltro aveva già manifestato a partire dal suo primo film "Sesso bugie e videotape" (1989): con un frullato di coppie, tradimenti, intrighi, voyeurismo e scabrosità varie, Soderbergh trionfa al Sundance Film Festival, e vince la Palma d'Oro come miglior film al festival di Cannes, ottenendo una candidatura all'Oscar per la sceneggiatura. Cominciano così a delinearsi i temi che il regista cercherà di affrontare in tutta la sua filmografia: la natura umana, messa a nudo freddamente e crudelmente.
Nel 1998 con "Out of Sight", dal romanzo 'Fuori dal gioco' di Elmore Leonard, sceneggiato da Scott Frank, contrappone la diva emergente Jennifer Lopez con il divo americano Clooney in un frenetico gioco di caccia alla volpe. Commedia romantica travestita da poliziesco o viceversa? Poco importa, Soderbergh si adatta alle regole del genere: "Gli opposti si attraggono" recita il concept fondante; lui è un rapinatore incallito, lei è uno sceriffo che deve catturarlo dopo l’evasione. Opposti che si attraggono, "dovere e piacere". Grande il futuro successo di "Erin Brockovich" (2000) pellicola drammatica che farà fruttare un Oscar all'amica Julia Roberts: Soderbergh riesce a collezionare pezzi di un'America privata, fatta di case isolate e personalizzate, di interni nel repertorio del gusto popolare, di giardini spelacchiati e piscine di plastica larghe un metro; ma ancora più forte e importante è il successo di "Traffic" - un film corale sul traffico di droga tra Stati Uniti e Messico - che gli farà vincere il tanto sognato Oscar per la migliore regia e dove si mette in luce per autenticità e sofisticatezza. Il regista incastra tre storie, facendone ogni tanto sfiorare i personaggi, e tre punti di vista.
Dopo il nuovo successo ottenuto con l’avvincente "Ocean's eleven", remake in chiave glamour di "Colpo grosso" (1960) di Lewis Milestone - in cui la storia prende corpo, e si entra nella logica perversa del ladro gentiluomo che cerca di eseguire un furto perfetto -, Soderbergh realizza "Solaris", rifacimento decisamente poco riuscito dell'omonimo capolavoro di Andrei Tarkovskij, e "Full Frontal", rocambolesco girotondo di personaggi, storie e situazioni. Onore al merito per la sperimentazione ma il film lascia piuttosto perplessi.
Banditi vs. banditi nel sequel sempre più cool "Ocean’s twelve", fino al minimalista "Bubble" (2005), una tragedia ordinaria in digitale: non c'è cuore, non esiste mente o inconscio, c'è solo ciò che è reale, ovvero i fatti. Soderbergh ci racconta la vita dei poveri americani, quelli della provincia. Mid-west o South non cambia molto, ma quando arrivano le catastrofi qualcuno si accorge che "la ricca America" è disarmata, debole e sola.
Alla loro quinta collaborazione, Clooney e Soderbergh, firmano l'anno successivo una produzione a basso budget: tratto dall'omonimo romanzo di Joseph Kanon, "Intrigo a Berlino" (The Good German) - presentato alla Berlinale - è una spy-story girata in un magnifico bianco e nero che rende omaggio ai film noir degli anni Quaranta.