Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

David Fincher (claustro)Fobie americane

Invia questa pagina via e-mail a chi vuoi tu Stampa questa pagina
a cura di Riccardo Rizzo
Il cinema di Fincher è spazio claustrofobico e inquietudine visiva, un mix violento di immagini che riflettono paure e fobie spesso ritratte in modo cinico e rabbioso.
Fincher è figlio dell’America e della sua schizofrenia, un abile ritrattista del mondo americanocentrico e spesso malato nel quale vive; vediamo sempre i suoi personaggi muoversi in luoghi disperati, quasi mai rassicuranti e senza vie di uscita: la città nasconde insidie e pericoli, la propria stessa casa non infonde sicurezza. Nelle sue storie, che sue non sono mai, ciò che colpisce soprattutto non è l’originalità, quanto la capacità di renderle incredibilmente affascinanti, nonostante siano espressione di morte e violenza, solitudine e angoscia. Minimo comune denominatore, la sensazione di essere perennemente intrappolati: lo è il detective Somerset di una città che non riesce più a capire ma dalla quale non riesce nemmeno ad allontanarsi; lo sono Meg e Sarah nella stanza “di sicurezza” della loro casa di New York dove vogliono entrare tre intrusi per rubare qualcosa di molto importante; lo è Nicholas di un gioco perverso del quale non riesce a capire le regole...
Eppure, quando non sono intrappolati, sono gli stessi uomini a ghettizzarsi, come nel caso di Fight Club. Quello che è certo, è che il mondo fincheriano è saturo di paura e ferocia, in perenne ricerca di una redenzione: al suo interno combattono senza tregua forze di attrazione e repulsione, che tendono ad aggiungere caos al caos già esistente. Solo così sarà possibile salvarsi.
L’alchimia unica di disperazione e cinismo che pervade i suoi film è espressione di un cinema cupo, dai toni noir e atmosfere dark, con personaggi e situazioni descritti sempre in maniera diretta e senza filtri. Probabilmente insieme a Nolan e Mann è uno dei più grandi esponenti del thriller contemporaneo (sebbene i primi due abbiano girato anche film di altro genere) e un thriller sarà anche il suo ultimo film, Zodiac. A differenza degli altri però, questo è tratto da omicidi realmente accaduti, il che non fa che aggiungere drammaticità ad una storia già di per sé angosciante. Qui non si tratta di seguire da vicino le nefandezze di un serial killer ideale come in Seven, bensì di raccontare le morti-reali che sconvolsero Los Angeles tra il 1969 e il 1970.
Ancora una volta un film sull’America, sulle sue fobie e sulle sue morti senza senso: indubbiamente raccapriccianti, indubbiamente affascinanti. In fondo, l’uomo è sempre stato attratto dagli abissi.