Dopo i 10 minuti di applausi riservati a “Mio fratello è figlio unico” e la buona accoglienza per “Centochiodi”, Cannes volta pagina lasciandosi alle spalle la giornata dedicata al cinema italiano (si può essere soddisfatti, nonostante l’assenza da un concorso raramente così ricco).
Quella odierna doveva essere la giornata di Gus Van Sant, e in parte lo è stata: “Paranoid Park”, storia di un sedicenne che uccide per sbaglio una guardia e si chiede quale sia la cosa migliore da fare, ha convinto pienamente. Il film, che uscirà in autunno in Italia, distribuito dalla Lucky Red, fa leva, oltre che sull’esperienza del regista di “Elephant” (Palma d’Oro nel 2003) o di “Last Days”, sulla maestria di uno dei più aprezzati direttori della fotografia degli ultimi anni, Christopher Doyle, lanciato dal regista che ha aperto questa sessantesima edizione, Wong Kar-wai.
Nei panni del giovane assassino c’è un esordiente, Gabe Nevins, affiancato dalla bella Taylor Momsen e da Daniel Liu: un cast di attori sconosciuti o, come per il protagonista, alla loro prima esperienza per un film “girato in parte in 8 mm, il supporto più giusto per il mondo che racconto, mi sono voluto avvicinare ad un linguaggio più da documentario in questo modo”.
La scena, però, l’ha rubata la coppia più in voga di Hollywood, arrivata a Cannes per presentare in anteprima mondiale “A mighty heart”: l’ultimo film di Michael Winterbottom, fuori competizione, ci parla di Daniel Pearl, il giornalista inglese rapito e poi ucciso cinque anni fa in Pakistan, attraverso il racconto della vedova, Mariane. Prodotto da Brad Pitt, “A mighty heart” ci offre Angelina Jolie nel ruolo più drammatico che abbia mai ricoperto: sulla Croisette era difficile riconoscere nella splendida Angelina, dalla chioma castana e fluente, e gli occhi verdi, la bruna e riccia Marianne Pearl; una trasformazione fisica che ha assecondato l’ingresso in un personaggio atipico, da vamp a giornalista, vedova, nel pieno della tragedia.
Meno clamore ma un’attenzione più da cinefili ha accolto gli altri due film in concorso: dopo il discusso “Battaglia nel cielo” il messicano Carlos Reygadas ha proposto “Stellet licht” (Luce silenziosa), un film su un adulterio in una comunità mennonita; Ulrich Seidl, controverso regista austriaco, mette davanti nel suo “Import Export” un’infermiera ucraina e una guardia giurata austriaca che sognano due mondi diversi, e se li scambieranno: est e ovest sono un concetto, una decisione, un’illusione.
La giostra del Festival continua, anzi accelera: l’attenzione, a poche ore dalla presentazione di “Grindhouse - A prova di morte”, è tutta per Quentin Tarantino. Ma come al solito, il bagliore di una star potrebbe far passare inosservato il film del quale si accorgeranno tutti la sera della premiazione: “Le scaphandre et le papillon”, di Julian Schnabel, è atteso come il primo film, tra quelli meno pubblicizzati, in grado di aggiudicarsi i voti della giuria presieduta Stephen Frears. |