Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

AAA Il lato buio del suono

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a cura di Costantino Volpe
Totalmente immersi in un mondo di suoni e parole, costantemente colpiti da sollecitazioni uditive, nel nostro quotidiano il silenzio diventa un elemento imbarazzante.
Un fastidioso buco esistenziale da colmare.
Un'arma nelle nostre mani per "non voler dire".
Innalzato a vessillo dell'incomunicabilità diventa giustificato solo come un rifugio per il corpo e la mente.
Abbiamo costruito sovrastrutture così complesse ed elaborate da confinare il silenzio in particolari luoghi che per la loro natura potremmo definire sacri: la sua esistenza è infatti universalmente accettata nelle performance attoriali, nelle scelte registiche, ma anche in spazi fisici come musei e luoghi di culto religioso (dove la ritualità del gesto è di vitale importanza).
In ambito teatrale e cinematografico dobbiamo intendere i vuoti sonori non come assenza d'informazione ma come negazione della parola per spostare l'attenzione del pubblico su elementi comunicativi diversi.
I limiti tecnici delle prime pellicole cinematografiche imponevano necessariamente l'esasperazione della mimica corporea, portando l'attore ad estremizzare le proprie azioni fino ad una gestualità surreale e grottesca.
Non ci troviamo però di fronte ad una vera e propria scelta (come potrebbe invece essere quella del mimo) ed il discorso cambia radicalmente con l'introduzione del sonoro: la creatività si arricchisce di un nuovo elemento.
Il silenzio diventa uno strumento nuovo che contribuisce alla produzione del climax e conduce lo spettatore attraverso il sentiero della narrazione esaltando l'orizzonte di attesa.
Il regista gioca con il silenzio perchè sa che il nostro orecchio non è abituato a percepirlo: il peso specifico della parola e ciò che con essa si vuole comunicare, cambia se introdotto o seguito da una pausa sonora; la quiete ci tiene imprigionati in uno stato di attenzione costante.
A questo punto nel prodotto cinematografico accade qualcosa.
E' proprio il silenzio a farci notare come motivazioni di natura religiosa, storica e filosofica siano determinanti di una sostanziale frattura tra cinema occidentale e orientale.
Nel primo si nota come il lato buio del suono sia spesso utilizzato come strumento tecnico per interrompere una successione sonora; è estraneo all'azione.
Nel secondo ne costituisce il contenuto con i personaggi che agiscono sullo sfondo diventando veri e propri suoni in lontananza.
Il suo essere così protagonista rende forse le situazioni poco fruibili ad uno spettatore non proprio attento, ma certamente i rapporti tra i personaggi vengono arricchiti di drammaticità e significato.
Si toccano le corde nascoste dell'emotività, si entra nel raggio d'azione di forze che si rimettono alla sensibilità di chi opera e di chi ascolta.
Tutto diventa magicamente sospeso e rarefatto.
Al di là del contesto generale narrativo si possono creare, e non unicamente descrivere, veri e propri micro-mondi che albergano nell'animo umano; non tutto può essere comunicato per mezzo di parole e suoni, esistono stati d'animo che per essere anche lontanamente accennati hanno bisogno di un punto di vista totalmente soggettivo e quindi non reale, dove spazio e tempo sono immobili.
In attesa.
Nel silenzio.