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La pubblicazione dell'epistolario di Pasolini, in due volumi curati da Nico Naldini con abnegazione partecipe, è senza dubbio, a tredici anni dalla morte, da quella morte, l'evento di maggior rilievo fra le raccolte di interventi sparsi e lavori inediti estratte una dopo l'altra da un fondo che pare inesauribile. L'epistolario documenta la continuità di una vita portata ogni giorno (ogni notte) al rischio dello strappo e del vuoto, ma capace di ritessere ogni giorno il suo impegno di lavoro e di affetti. Lo strappo e il vuoto eccessi intollerabili del vissuto, trovano spazio solo nell'opera letteraria e nei film, dalle "Ceneri di Gramsci" a "Salò", come figure della diversità. Le lettere, al contrario, tendono prevalentemente a contenere la tensione entro una zona funzionale di servizio, sia pure attraversata dalla furia di una prodigiosa attività produttiva: documenti di una vita ferita alle radici dal pubblico abominio della diversità, dal conformismo borghese ferocemente ottuso dell'età della guerra fredda e dall'esperienza amara della miseria, ma visitata in compenso dalla felicità del suo stesso essere diversa e, non tardivamente, dal successo. |
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