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È in un impasto originale di tematiche «alte» e forme «basse», di tragico e di comico, di dramma e grottesco, di dolore e gioia, che si condensano i caratteri del cinema di Nanni Moretti, così come i destini (o la mancanza di destino) della soggettività moderna, di una identità sincopata, lacerata, tesa verso una compiutezza che non arriva mai, e che spesso si trasforma in dissoluzione.
La metabolizzazione della tradizione dei grandi generi (commedia, tragedia, romanzo) consente a Moretti di coniugare «profondità» e «superficie», generando uno sguardo perennemente aperto sull’incandescenza del presente, ma anche costantemente teso a questioni «universali», concernenti quel continuo processo di costruzione del senso, processo allo stesso tempo doloroso e gioioso, che definisce le nostre esistenze, sospese fra la vita e la morte, l’amore e la separazione, l’acquisizione e la perdita. Il saggio di Roberto De Gaetano nel cogliere il nesso forte che esiste nel cinema di Moretti fra la modernità di una forma – ambivalente, tragicomica, grottesca – e la complessità di un tema (lo spaesamento e la deriva di una soggettività smarrita in una società senza mondo), individua le ragioni profonde che fanno del regista di La stanza del figlio l’autore più importante del nostro cinema contemporaneo e l’interprete più acuto di un sentire diffuso. |
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