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Due Palme d’Oro a Cannes, due César e un Leone d’Oro alla carriera, il tutto in circa quarant’anni di lavoro e dieci film. È una storia unica quella di David Lynch, uno dei massimi cineasti statunitensi degli ultimi decenni, amato e discusso dalla critica e dal pubblico, e proprio per questo sempre instancabilmente atteso.
Con capolavori come “Eraserhead” e “Inland Empire”, passando per “The Elephant Man”, “Velluto blu”, Twin Peaks e “Mulholland Drive”, Lynch ha affermato negli anni un proprio personalissimo stile – invidiato e copiato ma mai eguagliato – fatto di ambiguità, mistero, perversione, di situazioni vissute in un confine indistinguibile fra sogno e realtà; fatto soprattutto del desiderio esplicito di lasciare nell’immaginario dei suoi appassionati quel senso di indefinitezza e dubbio che fa da fil rouge tra le sue opere.
Una scelta che gli autori di queste ventiquattro interviste – che coprono gli anni dal 1977 fino a oggi, ripercorrendo l’intera carriera del grande regista – scavalcano abilmente, eludendo il riserbo quasi maniacale di Lynch sul significato dei propri film e riuscendo a farlo aprire a risposte mai scontate ma sempre penetranti, con ampi spaccati più intimi sulle sue passioni per la pittura, la musica e l’arredamento di design. Fra notazioni tecniche, aneddoti dal set, ricordi personali e vere e proprie dichiarazioni di poetica, queste pagine offrono un indimenticabile ritratto in presa diretta di uno dei registi più visionari e geniali della storia del cinema. |
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