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Lorenzo Pellizzari incontra Cesare Zavattini a Porretta Terme nel 1961 quando ha 23 anni e collabora, già da un paio, a «Cinema Nuovo», la rivista fondata e diretta da Guido Aristarco. In quel momento i due personaggi - ben fotografati nel tempo da uno scatto di Ezio Stringa - fissano un appuntamento a Roma per un’intervista che avrebbe dovuto costituire l’asse portante di una monografia. L’intervista ci fu, il libro - allora - no. Ma a mezzo secolo di distanza quell'intervista -in cui Zavattini si concesse forse come mai- trova posto nel libro "Il mio Zavattini" (insieme a quanto scritto da Pellizzari su Za da allora fino ad oggi.
"Il mio Zavattini" dunque documenta un lungo rapporto, intellettuale e personale, fatto di infinite riflessioni, desideri, slanci, critiche, pentimenti, ripensamenti. E documenta l’ininterrotto impegno del critico a capire, da una parte, e a “stimolare”, dall’altra, l’artista. Un impegno appassionato e civile, e insieme sedotto dalla qualità giocosa e vitale della scrittura zavattiniana. In questo volume emerge come la scrittura di Pellizzari, così come il cinema scritto e teorizzato da Cesare Zavattini, non abbia mai escluso la vita, non abbia mai voluto escluderla, ma al contrario sulla vita e sulla sua inafferrabilità si sia sempre fondata, per inseguirla, inseguirsi e inseguire Za continuamente. |
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