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Accelerazioni, ralenti, sovrapposizioni, inquadrature eccentriche, interminabili piani sequenza, esasperati movimenti di macchina, loop visivi/musicali, improvvisi scarti ritmici... le soluzioni espressive del videoclip seducono lo sguardo, sottraendosi a una classificazione sistematica. Questo fenomeno audiovisivo fonda la propria efficacia sulla capacità di tradurre in una forma accattivante il ritmo di un brano musicale, selezionando e rielaborando soluzioni narrative o stilistiche preesistenti. Ibrido per eccellenza, combina un’estrema flessibilità del linguaggio con una straordinaria capacità di adattamento a contesti di fruizione differenti, scavalcando la dimensione del palinsesto televisivo e invadendo i territori dell’agire quotidiano. A partire da queste premesse l’autore indaga con un impianto sociosemiotico i dispositivi che assicurano l’efficacia di queste forme brevi: la dimensione “macro” dell’industria culturale non si riduce a un apparato complesso di routine produttive o effimere pratiche di consumo sganciato dal testo, ma si inscrive sulla sua superficie, ne condiziona il linguaggio. |
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