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Per la prima volta nella sua storia, il più grande partito della sinistra erede del Pci ha un leader che non ha avuto una formazione comunista. Per la prima volta, quel partito raccoglie oltre il 40% di preferenze. Le ragioni di questo risultato sono politicamente complesse, contingenti e non riducibili alla sola presenza di Renzi. Però non serve scomodare un raffinato analista per capire che non ci stiamo lasciando alle spalle solo le anomalie dei vent’anni berlusconiani. Forse c’era anche un’altra anomalia. Quella di una sinistra incapace agli occhi degli elettori di abbandonare la costellazione mitica del comunismo italiano e della sua lettura della società. Ammettiamolo, non era affatto facile. Anche perché nella storia della sinistra italiana è andata sempre così. Più il peso schiacciante della tradizione comunista diventava politicamente irrilevante, più questa si ritraeva nel mito e aumentava la sua influenza culturale. Partendo dal mito di Berlinguer, celebrato al cinema dai documentari di Mario Sesti e Walter Veltroni, il saggio insegue nostalgie e percorsi della "questione morale" lungo traiettorie impervie. Da Maria De Fillipi a Toni Servillo, da Nanni Moretti a Ettore Scola e Virzì. Fino a Checco Zalone. |
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