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I buoni film possono darci molto di più di quanto una visione superficiale può cogliere. Anche pellicole senza pretese intellettuali, se sono autentiche e ben girate, fanno vivere un’esperienza di pensiero. Quest’ultima è più intensa e appagante se disponiamo di qualche chiave di lettura, di una lente che consenta di trasformare la visione, semplicemente passiva, in un’interpretazione, attiva e significativa per noi. E spesso, al di là delle nostre specifiche sensibilità, il cinema ci mette in rapporto con il nostro tempo, con ciò che ci scorre intorno. Accostato alle storie, alle immagini, ai volti e ai movimenti, il pensiero filosofico non si dissolve, ma prende una leggerezza di movimento che fa affiorare i contenuti che i film portano con sé con una spontaneità che i ragionamenti troppo distaccati non conoscono. L’effetto di questa liberazione della filosofia dalla fatica del concetto è che i film prendono vita insieme al pensiero, si colorano delle luci dell’interpretazione filosofica e diventano esperienze più intense e più piene. Si svelano così, nascoste in una sequenza o un’inquadratura, verità che avrebbero richiesto lunghi ragionamenti, idee che solo in una storia possono emergere, critiche che solo un’immagine può rendere efficaci. Così, senza la pretesa di fare un lavoro di critica cinematografica, la lettura filosofica dei film si rivela un’immersione nello stato della coscienza contemporanea. In questo volume, dunque, si trova l’esperienza di un filosofo al contatto con le immagini, le vicende, le provocazioni e i sogni che il cinema ha addensato in una cinquantina di pellicole nell’ultimo anno. Ciò che ne ha tratto Mordacci è un bilancio del proprio tempo presente, ma anche una visione più intensa del vivere. Questo non sarebbe stato possibile senza il cinema. Ma nemmeno senza la filosofia. |
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