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Tony Gatlif è un regista che spiazza, che confonde. Il suo è un 'cinema nomade', poiché viaggia al confine tra i generi, senza lasciarsi chiudere in nessuna definizione; perché sposta continuamente il punto di vista sul mondo rappresentato; perché, infine, i suoi personaggi vivono una condizione nomadica che li pone in continua trasformazione: uno zingaro che vive da sedentario in Francia in "Les princes", un francese accolto in un villaggio zingaro di Romania in "Gadjo dilo", o ancora le peregrinazioni degli zingari dall'Asia all'Europa in "Latcho drom". Lo spettatore è costretto al viaggio, un viaggio in cui il luogo di arrivo diventa subito il luogo di una nuova partenza. Un 'transito' di cui Gatlif invita a scoprire le potenzialità.
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