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Marcello Mastroianni è forse l’epitome del latin lover, il simbolo consumato della mascolinità che il cinema italiano ha indagato tanto a fondo, con ironia, comicità, ma anche con crudezza, mettendo a nudo molti nodi della società italiana, quasi che lo scanzonato modello impersonato da Mastroianni fosse lo specchio di un intero mondo e delle sue dinamiche. Oltre i tanti latin lover del cinema nostrano, Jacqueline Reich smaschera la realtà dietro il mito: dietro a questa immagine di iper-mascolinità si nasconde infatti la figura dell’inetto, del babbeo, di un uomo alla continua ricerca del proprio posto e del proprio ruolo in una società in rapida trasformazione. Tanti sono i modelli, tutti in fondo negativi e perdenti, di mascolinità che il cinema italiano ha indagato: l’impotente, il cornuto, la vittima di donne spregiudicate; quasi a mitizzare una serie di anti-eroi intrappolati in un modello di mascolinità tradizionale, ma sempre più instabile. Il cinema ha così saputo cogliere, prima forse di altri luoghi della narrazione del paese, l’instabilità politica e sociale del dopoguerra, raccontandoci un’Italia in cui la questione del genere è molto più presente e probabilmente più in divenire di quanto si sia soliti credere. |
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