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Questo non è un libro sul cinema di Woody Allen. È un libro su di lui, su un regista che, avendo la madre che assomigliava a Groucho Marx e il padre a Fernandel, non poteva non diventare uno Zelig della comicità, non foss'altro che per ragioni etniche, perché "un ebreo come Chaplin è sempre più divertente di un irlandese come Keaton".
Sette anni di interviste (1998 - 2005) formano l'affresco di uno dei più grandi registi americani del dopoguerra, un uomo che rimpiange l'America degli anni Quaranta e l'Europa di De Sica, che crede nel sesso ("il cervello è il mio secondo organo preferito") e si ricrede su Bush. E che non riesce mai a vincere quel senso di inadeguatezza che gli fa dire: "ho rivisto il film della mia vita e io non ero nel cast". |
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