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Refrattaria a tentazioni futilmente decorative, la musica nel cinema di Kubrick – e con essa l’intera frazione sonora – assolve funzioni complesse, divisa com’è tra pura azione sensuale e letture di carattere simbolico, sperimentazione espressiva e messaggio a valenza referenziale latente. Al di là della evocazione di suggestioni immediate e potenti, il discorso musicale composito che Kubrick combina attingendo a fonti eterogenee si pone dunque come prodigo sottotesto cui è utile, e anzi imprescindibile, fare appello laddove si intenda penetrare la crosta più schiettamente estetica del cinema di questo regista, per inoltrarsi con strumenti adeguati nella sua articolata trama ideologica e «morale». Dalle acerbe soluzioni dei primi documentari alla ridefinizione metodologica perfezionata in 2001: Odissea nello spazio, sino all’incompiuto mosaico sonoro di Eyes Wide Shut, quello delineato nella filmografia del grande regista americano è un lungo, originale itinerario musicale scandito da anticonformismo «di ricerca» e scandali estetici, anatemi e definitive consacrazioni, per l’autore che più di ogni altro ha mostrato le ineguagliabili risonanze drammaturgiche e il valore aggiunto di senso che un testo musicale – anche e soprattutto se preesistente – ha la capacità di trasferire nell’apparato narrato-visivo di un film. |
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