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Così come esiste un cinema americano, francese, italiano o tedesco, esiste anche un cinema nero, ed il suo maggior rappresentante è Spike Lee (USA, 1958), un regista nero per film dedicati ai neri. Prima di lui, salvo qualche eccezione, le pellicole che raccontavano le storie di afro-americani erano firmate esclusivamente da autori bianchi. Spike Lee è il primo cineasta nero che filma la cultura e soprattutto le problematiche degli uomini di colore; a riguardo sostiene che i suoi protagonisti sono più poveri che mai, e le poche eccezioni che hanno fatto fortuna peggiorano soltanto la situazione istigando nei pensieri dei mass-media una parità di opportunità sociali che non esiste. In virtù di questo messaggio senza ombra di dubbio politico e, naturalmente, delle spiccate doti registiche, è stato consacrato come uno degli autori più importanti ed influenti degli ultimi dieci anni.
Il suo unico modello è Martin Scorsese che tanto ha fatto per raccontare le beghe degli italo-americani di New York. Allora Spike Lee è lo Scorsese dei neri. Nel raccontare i "suoi" afro-americani analizza con sincerità, spietatezza ed ironia la minoranza povera ed emarginata della società statunitense che vive di continui scontri razziali che, nel caso classico di New York è tra neri, italiani e anche ebrei. Ciò che interessa al regista quindi è la convivenza etnica, e per mezzo di questo si inventa una cinematografia originale che riscuote un meritato successo in tutto il mondo della celluloide. |
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