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Soltanto due anni prima era stato protagonista di uno degli esordi cinematografici più sorprendenti del panorama statunitense contemporaneo, col film "Reservoir Dogs" (Le iene).
Quentin Tarantino ha trent’anni quando con la sua opera seconda, "Pulp Fiction", conquista prima la giuria - presieduta da Clint Eastwood - del Festival di Cannes nel 1994 e si aggiudica una storica Palma d’oro, poi i membri dell’Academy vincendo - insieme all’amico Roger Avary - l’Oscar per la miglior sceneggiatura originale dell’anno. "Pulp Fiction" procura un divertimento doppio: il primo è immediato, in cui il godimento è a livello viscerale, non intellettuale, per il piacere offerto dall’effimero della cultura pop e dall’intreccio di storie e personaggi della tradizione noir e hard boiled; il secondo è più sofisticato, accessibile a chi apprezza una bistecca «alla Douglas Sirk» o capisce la differenza di qualità tra due serial televisivi o tra un quarter pounder e un «Big Kahuna Burger».
Il film ha dunque appeal sia su un pubblico popolare, sia su un pubblico colto: concilia arte e consumo, alto e basso. È cool nella misura in cui i giochi dell’universo contemporaneo sono l’estasi, la fascinazione, la comunicazione, il caso, la vertigine.
Per Quentin Tarantino, il wonder boy del cinema, è appassionante e cool solo ciò che smentisce il bell’ordine dell’irreversibilità del tempo e della finalità delle cose. Con il suo tempo circolare e reversibile, con i suoi personaggi che muoiono e resuscitano, "Pulp Fiction" è lì a dimostrarlo. In esso convivono iperrealismo e fiaba, rétro e postmoderno, riciclaggi e invenzioni, confronti e scontri, orologi d’oro e frappè, chopper cromate e spade katana, sermoni e sodomie, gare di twist e spari in faccia.
Un appassionante, vertiginoso groviglio narrativo che coniuga un’intera antologia di stili e in cui convivono diversi feticci: la grammatica della violenza, la stilizzazione delle patologie, la narrazione come gioco sadico e farsesco, un senso del presente ermetico. Un film che è un a gioiosa macchina del tempo, un’esperienza estetica globale, l’icona di un’epoca. |
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