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Tratto dal racconto "La nebbia" di Stephen King, un horror ambientato in un supermercato, trasformato in vera e propria prigione per gli sfortunati clienti, che per colpa di una malefica nebbia, densa e letale, si troveranno in preda a misteriosi versi che spalancano portoni pieni di dubbi. |
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Una catastrofe imminente, mobilitazione generale delle forze dell'ordine e, presto, di quanti si aggirano ancora inconsapevoli per le strade di un'anonima cittadina del Maine. Di fronte agli attacchi di una strana nebbia che "uccide", il terrore dilaga a macchia d'olio – anche se non tutti i volti dei personaggi lo riflettono con la stessa intensità – e un supermercato diventa rifugio/prigione. La macchina da presa di Frank Darabont, che dopo "Le ali della libertà" e "Il miglio verde" prende spunto dalle pagine di Stephen King, riprende la paura dell'uomo che non sa darsi una spiegazione di fronte a ciò che forse è causato proprio dallo stesso genere umano che vuole spingersi oltre l'ignoto.
Peccato un po' per la scelta dei personaggi: affiancare al protagonista Thomas Jane, con figlio Nathan Gamble al seguito, i classici personaggi cinici e particolarmente esaltati della situazione può far attenuare una certa plausibilità, fondamentale affinché lo spettatore non si chieda se quel film sia stata la scelta migliore. Alla fine però è di genere umano che si parla, ed è interessante vederlo raffigurato nelle sue numerose varianti: lasciano sorpresi la caratterizzazione del commesso Ollie e la scelta di Marcia Gay Harden nei panni di una fomentatrice religiosa, con Testamento in mano e braccia al cielo, anche se può risultare troppo prolissa per alcuni gusti. Entrambi riflettono i drammatici risvolti psicologici che scaturiscono nella mente umana, più o meno ancorata alle parole di una religione troppo arcaica, tanto da arrivare a trasformare le persone stesse in creature di cui aver paura forse più di ciò che è fuori ad aspettarle. La sorte è la stessa per tutti: tra chi va e chi rimane, ad entrambi non può restare che sperare. Il regista decide chi e quando deve rimanere in scena a discapito di quelli che vengono fatti fuori, anche forse per soddisfare un'estetica delle inquadrature per la quale è più importante tenere fino alla fine un bel volto femminile anziché cercare di cambiare un po' gli standard di un genere sempre più rivisitato.
Che questo nuovo filone che sta dilagando in sala voglia far riflettere su una paura sempre più attuale e diffusa? A salvare le sorti della pellicola è il protagonista che, alla fine, perde la sfida, proprio nel momento in cui ha tenuto fede alla promessa fatta al figlio. Per tutti, nonostante il finale “senza nebbia”, sembra che ormai non ci sarà scampo: eternamente in guerra con il timore di qualcosa di misterioso che non potrà essere fermato. |
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Non un grande horror, ma il finale colpisce nel segno.
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Un horror di grande atmosfera, ambientato quasi interamente in un piccolo supermercato. Quando una nebbia che nasconde esseri misteriosi minaccia una cittadina americana, padre e figlio si barricano in un market, dove altre persone hanno avuto la stessa idea. I personaggi che abitano il film sono i classici stereotipi dei film dell'orrore: c'e' lo spaccone, quello che crede che tutto sia una balla, la fanatica religiosa e persino la vecchia intraprendente. Darabont sa come costruire suspence e infatti il suo film tiene ben sveglio lo spettatore e utilizza al meglio un budget ridotto che pero' sfrutta efficaci effetti speciali. Giusta dose di humour nero, tensione e qualche scena raccapricciante. Non un capolavoro questo e' certo, ma molto meglio di numerosi horror odierni, con un finale coraggioso e agghiacciante.
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Difficile misurarne i pro e i contro. Secondo me è un film fondamentalmente brutto, che però obbliga lo spettatore a rivalutarne il valore, grazie a un gran bel finale, coraggioso e spiazzante. Riuscita a metà l’analisi sociale sul genere umano, irrazionale e poco lucido nelle situazioni disperate. Interpreti sono poca roba, ad eccezione forse di Marcia Gay Harden, e non contribuiscono alla riuscita della pellicola, la meno azzeccata di Darabont.
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