Gli applausi fragorosi di giornalisti e pubblico a Easy Virtue hanno portato finalmente una ventata di freschezza al Festival di Roma. Il merito è di Stephen Elliot, tornato alla regia dopo quasi dieci anni di assenza, che adatta alla perfezione la commedia teatrale di Noel Coward, ambientata all’inizio degli anni 30. Lo sfondo è quello rigido della campagna inglese di età vittoriana, geloso delle proprie tradizioni e attento alle proprie liturgie: Mrs Whittaker ne è il ritratto perfetto, e quando suo figlio John torna dall’estero accompagnato dalla moglie Larita, la sua vita, e non solo la sua, viene sconvolta. Larita incarna una nuova concezione (più libera e disincantata, in fin dei conti più autentica) del mondo, inconcepibile agli occhi della suocera, con la quale fin dall’inizio - convenevoli di rito a parte - avrà un rapporto conflittuale. Una partita senza esclusione di colpi in pieno stile british (d’altronde la Biel gioca fuori casa…) travolgente e affascinante, con dialoghi deliziosi, vivaci e dall’ironia sottile; come se non bastasse, anche la musica aggiunge un ulteriore tocco di classe a questa commedia bella come da tanto tempo non se ne vedevano. A far da sottofondo alle battute taglienti del film, infatti, ci sono grandi classici della musica del tempo (soprattutto il jazz, ma anche il tango o il can can), e diverse canzoni contemporanee in salsa retrò, che rendono ancor più piacevole la visione di un film peraltro breve (evviva!). Non solo. In questo “concentrato” di humour pungente, c’è da sottolineare la bravura di tutti i suoi interpreti, in primis della odiosa Scott Thomas, ma anche della bellissima Jessica Biel e del suo ‘principe Caspian’ Ben Barnes.
Insomma, una commedia perfettamente armonica, di buon gusto ed intelligente, che sarebbe un peccato perdersi. |