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Germania. John Halder è un professore di letteratura, autore di un libro favorevole all'eutanasia che ispira la propaganda politica del partito nazista che gli apre le porte del gotha dei fedelissimi di Hitler. La sua nuova, importante, posizione porterà Halder, inconsapevolmente, ad allontanarsi dalla famiglia e dagli amici e ad accettare senza riserve le barbarie perpetrate dai nazisti spesso trovandovi addirittura anche una giustificazione. |
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Viggo Mortensen catalizza le attenzioni e le simpatie del Festival del film di Roma. Dopo la proiezione di “Appaloosa” e l’incontro speciale con il pubblico, l’antidivo americano, lanciato al successo da “Il Signore degli Anelli”, interpreta un film in concorso che lo vede assoluto protagonista: “Good”, una co-produzione europea diretta dal semi-esordiente Vicente Amorim, affronta senza verve né originalità l’abusato tema di chi, professore universitario di letteratura, si ritrova “costretto” ad aderire al nazionalsocialismo tedesco negli anni dell’ascesa al potere di Hitler. Un suo libro di qualche anno prima, in cui il professore sembra approvare l’eutanasia, viene preso a cuore dal partito nazista, pronto a trasformarlo in uno strumento di propaganda. John Halder fatica però ad accettare questo ruolo, ma non sembra in grado di opporsi ai meccanismi ricattatori delle S.S., che sfruttano la paura e le paranoie del popolo. I problemi familiari non lo aiutano: la madre è malata e si augura la morte; le nevrosi della moglie invece lo costringono ad allontanarsi dalla casa coniugale, soprattutto dopo aver perso la testa per una studentessa carina e giovane (Jodie Whittaker). La sua carriera, a seguito della sua accettazione passiva dello stato delle cose, sembra risentirne positivamente. Quando però la situazione generale sfugge di mano e Maurice, il suo amico-psicanalista ebreo, rischia la vita, John pur di aiutarlo mette a repentaglio la propria sicurezza.
Viggo Mortensen dà libero sfogo al suo repertorio più drammatico e agitato, senza però riuscire a catturare lo spettatore, che viene accerchiato dalle maestose musiche di Mahler ma anche dagli sbadigli dei vicini di poltrona, che di storie così, magari fatte meglio, ne hanno viste a bizzeffe. L’inadeguatezza di un film come “Good” passa attraverso l’inutilità di una sceneggiatura fragile, che sfrutta male un tema serio e gravoso come quello dell’ascesa del nazismo e lo rende lontano dalla nostra storia e dunque innocuo e banale come la gran parte delle scene che il regista ci propone. |