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Femminista appassionata e da poco entrata in politica, Agathe Villanova torna nella sua casa d'infanzia per aiutare la sorella a sistemare gli affari della madre deceduta un anno prima. La seguono, come un'ombra, Michel Ronsard, regista fallito, e Karim, il figlio della domestica, che devono realizzare un documentario sulle donne in carriera. Sotto un cielo d'estate perennemente uggioso, si dipanano i destini dei vari personaggi. |
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Agnès Jaoui fa parte di quella schiera di cineasti francesi che riesce a fare un cinema contemporaneamente leggero e intelligente. Lavora da tempo con suo marito Jean-Pierre Bacri, con il quale condivide la scrittura della sceneggiatura e l’interpretazione dei personaggi nei suoi film, sempre favolosamente sinergici. La coppia si era già fatta notare negli altri due film della regista francese ma di origini tunisine: “Il gusto degli altri”, commedia che affrontava il tema del pregiudizio e della complessità dei rapporti umani, e “Così fan tutti”, che esaminava invece gli aspetti più ipocriti e insopportabili della vita di coppia.
“Parlez-moi de la pluie” nasce come favola e prende il titolo da una canzone. Durante la stesura del copione, però, si è tramutata in una gradevole commedia agrodolce fatta di sfumature e di divertenti trovate di sceneggiatura. L’elemento che esce di più allo scoperto sembra essere l’angoscia, che, per dirla con le parole di Kierkegaard, è quello “stordimento causato dall'infinità delle possibilità della libertà”. Il film fa sua questa visione per parlare delle incapacità umane, in particolar modo del mondo maschile, schiavo di stereotipi e della “liberazione” femminista. I protagonisti mostrano così i loro lati più sensibili ma anche grandi dosi di vittimismo.
Tutto è ambientato in una città di provincia del sud-est francese, ambiente che la regista conosce bene e che ritiene perfetto anche per inserire il personaggio del magrebino Karim, interpretato da Jamel Debbouze, generalmente impiegato in ruoli comici (“Angel-A” e “Il favoloso mondo di Amélie”). Il razzismo che traspare sotterraneo nel film sembra però essere soprattutto di origine sociale, quasi a sottointendere piccole frecciatine al popolo francese, incapace di superare e incorporare il proprio passato di potenza colonizzatrice.
“Parlez-moi de la pluie” finisce con una pioggia purificatrice che rimette a posto le imperfezioni umane, lasciando allo spettatore un senso di benessere, rendendolo amabilmente e orgogliosamente umano. |