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Nella comunità africana di Parigi, nell'estate più calda del secolo, il matrimonio della giovane Christie Moussa è una grande festa collettiva, ma per la vitalissima madre della ragazza, Sonia, quella giornata sarà un autentico incubo. Risse, morti, gelosie e passioni scandiscono i rituali delle nozze e le conseguenze accompagneranno Sonia in una "commedia umana" che trova nel salone da parrucchiere di sua sorella il luogo magico in cui ogni dramma diventa anche ragione di un sorriso. |
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Il bello dei festival (nel caso specifico del Festival di Roma) è entrare in sala senza avere la minima idea del film che ci attende, e rimanere sorpresi. “Aide-toi et le ciel t’aidera” è un classico film da festival, pur non essendo un capolavoro (o forse proprio per questo motivo): sorprende, raccontando una storia semplice ma non banale in un modo altrettanto semplice; diverte, inquadrando in chiave ironica tutti i grandi e i piccoli drammi della vita, riducendoli ad evento del destino che sta a noi accettare, combattere o assecondare; regala volti nuovi, ma permette anche la riscoperta di attori o attrici che non sono mai usciti dai confini nazionali, come la brava protagonista Félicité Wouassi, in concorso anche con “Cliente” di Josiane Balasko.
Il significato del titolo è lo stesso della versione italiana del proverbio, “aiutati che Dio t’aiuta”: ovvero, intanto pensaci tu. Il piccolo mondo al centro della rappresentazione di François Dupeyron, sceneggiatore oltre che regista, è quello di Sonia, ovvero la sua famiglia e il suo lavoro. Parliamo di immigrati nelle periferie parigine, ma non di povertà estrema: Sonia ha due lavori, una figlia all’altare, un’altra incinta, un figlio che spaccia ed il piccolo che cerca di passare il tempo, in attesa che ricominci la scuola. Con la morte del padre di famiglia inizia la catena di eventi, tutti frutto del caso ed allo stesso tempo delle scelte dei vari personaggi per ovviare all'inconveniente precedente. Bene o male, l’operazione riesce sempre.
Il racconto è brillante, e le scene più drammatiche, sul piano della storia, sono quelle che divertono di più. Una musica etnica e ripetitiva dà il ritmo giusto ad una pellicola che non commette l’errore di dilungarsi troppo: in fondo il messaggio è semplice e non servono tante parole per farlo passare, tanto che il rap che vuole riassumere il concetto sui titoli di coda risulta superfluo. Come trasformare la tragedia umana in commedia umana, e scoprire che alla fine sono la stessa cosa. |