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Recensione: L'Heure d'été

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L'Heure d'été
titolo originale L'Heure d'été
nazione Francia
anno 2008
regia Olivier Assayas
genere Drammatico
durata 103 min.
distribuzione n.d.
cast J. Binoche (Adrienne) • C. Berling (Frédéric) • J. Renier (Jérémie) • E. Scob (Hélène) • D. Reymond (Lisa) • V. Bonneton (Angela) • I. Sadoyan (Éloïse) • K. Eastwood (James) • A. de Lencquesaing (Sylvie) • E. Berling (Pierre) • J. Malartre (Michel Waldemar) • G. Arbona (Maître Lambert) • E. Elmosnino (commissario) • M. Voinchet (presentatore) • S. Martins (giornalista)
sceneggiatura O. Assayas
fotografia E. Gautier
montaggio L. Barnier
uscita nelle sale  non ancora disponibile 
media voti redazione
L'Heure d'été Trama del film
Durante l’estate, nella loro casa di campagna, Adrienne, Frédéric e Jérémie, in compagnia dei loro figli, festeggiano i 75 anni della madre Hélène Berthier che ha dedicato la vita all’opera di suo zio, il pittore Paul Berthier. La morte di Hélène li obbligherà a confrontarsi con gli ingombranti oggetti del loro passato, con alcuni segreti fino ad allora scrupolosamente custoditi ma anche, inevitabilmente, sulla alternanza continua di intimità e lontananza che segna ogni individuo e i rapporti con i membri della famiglia d'origine.
Recensione “L'Heure d'été”
a cura di Giordano Rampazzi  (voto: 7)
Olivier Assayas torna, dopo alcune apprezzabili escursioni, alla classicità del film narrativo francese. Questo non deve far pensare che le qualità del regista di “L'eau froide” siano in qualche modo messe in secondo piano: “L'Heure d'été” è un vero capolavoro di sensibilità artistica. Il cinema di Assayas è ricco di personalità e, anche quando affronta temi consumati come quello della famiglia, ritrova una preziosissima cifra stilistica ed emozionale.
Il soggetto non è ufficialmente autobiografico, anche se il film, incentrato su un lutto, è stato girato poco dopo la perdita della madre del regista. Tutta la vicenda ruota attorno alla villa di famiglia dove vive Helene, madre dei tre fratelli Adrienne (Juliette Binoche), Frédéric (Charles Berling) e Jérémie (Jérémie Renier). Riuniti per i 75 anni della madre, viene introdotto nella narrazione il tema della morte dell’anziana donna e della cospicua eredità, dovuta in gran parte al patrimonio artistico dello zio, il famoso pittore Paul Berthier. Dopo qualche mese accade prevedibilmente ciò a cui si era stati preparati: la morte della madre costringe i tre fratelli a confrontarsi e a decidere sul da farsi, facendo emergere differenze, ricordi, rimpianti…
Dopo la morte, ci dice Assayas, rimangono i ricordi ma soprattutto gli oggetti, che contengono segreti e infinite storie. Questo discorso, apparentemente banale, viene proposto dal regista francese facendo leva sulle emozioni composte ma intense e intime dei protagonisti. La parentela viene infatti presentata come un legame fondamentale che unisce però individui disgiunti, lontani nella loro interiorità e nei loro interessi. Il collante costituito dalla madre, una volta venuto meno, si trasferisce sulla villa di famiglia, piena di oggetti e storie, ma incapace di attrarre uniformemente i tre fratelli, ormai proiettati alle loro vite e ai loro destini lontani da Parigi.
Olivier Assayas indugia poeticamente sugli oggetti, li rende vivi come il miglior Wong Kar-wai sa fare, li usa per parlare dei sentimenti e per valorizzarli all’interno di un contesto. Il film si chiude poi con lunghe inquadrature e immagini che - saltando una generazione - ripropongono lo spirito della scena iniziale e, prendendo in prestito la gestualità del miglior cinema francese, avvolgono di malinconia lo spazio che si trasforma e il tempo che scorre e consuma la storia.
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