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Santiago del Cile, 1979. Raùl Peralta è ossessionato da Tony Manero, il personaggio interpretato da John Travolta nel film 'La febbre del sabato sera', a cui ad ogni costo vuole assomigliare; mette in scena uno spettacolo di danza in un night-club di periferia e ogni sabato sera, imitando il suo idolo, dà libero sfogo alla sua passione per la disco-music... |
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Raùl Peralta è un cinquantenne ossessionato da Tony Manero, il personaggio interpretato da John Travolta ne “La febbre del sabato sera”: il dato principale per raccontare il suo presente è il fanatismo, la volontà essere riconosciuto quale emulo, non solo di assomigliargli ma di diventare come lui. Poi l’inquadratura narrativa si allarga, e mentre la trama avanza nella settimana che precede il concorso televisivo per i sosia di Tony Manero lo spettatore inizia a comprendere il contesto nel quale Raùl vive: siamo in Cile alla fine degli anni ’70, in piena dittatura-Pinochet; Raùl sta preparando uno spettacolo per il sabato successivo e ha copiato la coreografia da “La febbre del sabato sera”. Ancora più largo, lo zoom ci presenta un rapporto ambiguo tra Raùl e i compagni di ballo e di vita, Cony Goyo e Pauli: sesso, attrazione, noia, odio, il tutto spento da una generale apatia (quella di Raùl e verso Raùl) che contrasta con l’animo sovversivo di Goyo e Pauli. L’uomo che si crede Tony Manero vive soltanto in funzione della sua ossessione: non ci è dato di sapere come fosse fino a qualche settimana prima, ma oggi è un uomo di uno squallore pari se non superiore alla società che lo circonda, privo di alcun valore morale, privo anche di sentimenti umani che non siano l’ammirazione nel buio della sala cinematografica.
“Tony Manero” fa parte della cerchia di prodotti indipendenti che il critico si sorprende ad ammirare in sala; fa parte dei pochi film che vale la pena vedere in un anno, dei quali meno se ne sa a propri più colpiscono. La fortuna di Pablo Larraìn ha voluto che prima Cannes si accorgesse del suo film, quindi Torino nella seconda e ultima edizione diretta da Nanni Moretti (dove ha vinto il primo premio e il premio per il miglior attore ad Alfredo Castro), fino alla nomination agli Oscar quale miglior film straniero; premi meritati, che hanno acceso i riflettori su “Tony Manero” e privato in buona parte lo spettatore della sorpresa di assistere a un buon film, col rischio che poi, aspettandosi un capolavoro, rimanga in parte deluso. Ma la pubblicità non può che far bene al cinema in generale, spingendo gli spettatori nelle poche sale che lo programmano.
Per chi volesse anche fare una riflessione in più, basta tener conto che Raùl Peralta è specchio di una società allo sbando, dove i valori li impongono cinema e televisione… |
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Commenti del pubblico |
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