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Eric, Alex, John, Elias, Brittany, Jordan, Carrie, Nicole, Michelle... Adolescenti qualsiasi, comuni studenti di una High School, ognuno con i suoi problemi: John ad esempio ha il padre alcolizzato, Michelle si sente esclusa dal gruppo a causa del suo aspetto fisico, Brittany Jordan e Nicole vomitano regolarmente il pranzo per mantenere la linea e progettano shopping sfrenati, Elias ha la passione della fotografia, mentre Eric ed Alex, acquistati on-line fucili e munizioni, decidono di portare nella realtà il loro videogioco preferito e si organizzano per compiere una strage nella scuola. |
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"Si dice degli elefanti che quando giungono in una città rischiano di impazzire."
Gus Van Sant scende tra John, Eli, Nate, Michelle e gli altri protagonisti di "Elephant" in una giornata apparentemente normale; si affida spesso alla steadycam per seguirne gli spostamenti; e quella cinepresa cattura al volo e si incolla alla spalle di uno qualsiasi, poi due, tre, altri studenti mentre entrano nell'universo di uno dei tanti college americani.
Gus Van Sant: capace di nutrirsi dapprima della geniale marginalità della cultura nuovaiorchese degli Anni Settanta (Warhol), di diventare in seguito la figura emblematica del cinema indipendente americano ('Drugstore Cowboys'), di rientrare clamorosamente, corteggiato, nel mondo degli studios con due fra i film più intelligenti dell'ultima Hollywood ('Will Hunting', 'Elephant').
Van Sant, vero alternativo nella cultura americana, non è morale. Eric e Alex, autori della strage, sono visti come gli altri, ragazzi 'normali'; organizzano una psicologia, dei dialoghi, una situazione, tanto meno una progressione drammatica. Allo spettatore non rimane allora che seguire quello sguardo che passa, con incredibile, meravigliosa fluidità, con una musicalità che temiamo possa interrompersi ad ogni istante, e frammenta lo spazio/tempo cercando e filmando: come un disco inceppato, i tragitti visivi vengono continuamente ripercorsi seguendo le tracce dei diversi personaggi che in comune hanno solo la propria incomunicabilità. Ma tutto è fin troppo semplice; breve (80’) e monocorde.
Palma d'oro per il miglior film e premio per la miglior regia a Cannes 2003. |
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Commenti del pubblico |
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IL FILM PIU' BRUTTO CHE ABBIA MAI VISTO IN TUTTA LA MIA VITA. UN FILM ODIOSO. Un'ora e 18 minuti di film in cui, nella prima ora di film NON ESISTE TRAMA: 7-8 personaggi, ognuna con le proprie vite, miriadi di dettagli che non serviranno a NULLA PER TUTTA LA DURATA DEL FILM. Nei restanti diciotto minuti avviene un po' di movimento quando cominciano a esserci i PRIMI colpi di scena, DOPO BEN 60 MINUTI. DA MANICOMIO. Regia non pessima, di più! Primi piani su primi piani che cominciano a darti fastidio già dopo i primi 10 minuti, dove la scena più squallida è dove riprendono da dietro per tre minuti interi un personaggio che cammina per la scuola senza una meta, un obbiettivo, NULLA! SCHIFO,SCHIFO,SCHIFO!. Inguardabile! DOPPIATORI PESSIMI come per le armi utilizzate nel film: PALESEMENTE FINTE. Per chiunque volesse passare una giornata di M***A consiglio questo film.
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si, il film mette in scena la vita americana in una scuola e ne delinea le variegate multiformi sfaccettature.I caratteri e le personalità dei ragazzi non vengono approfondite per scelta, tutto deve rimanere come in un grande affresco sociale appena abbozzato. Dove tutto risulta normale, persino usare armi regolarmente acquistate per giocare nella realtà come in un videogames.
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7,5
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Non è un'indagine sociologica. Non è una riflessione moralista. Non è un compiaciuto pistolotto politico. Non va in soccorso di nessuno e non condanna nessuno. Nella sua gelida messa in scena c'è la pura e semplice rappresentazione di una generazione.
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7,5
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Io sono assolutamente contro ai film ripetitivi, con sceneggiatura non brillante, scarsi dialoghi, personaggi poco approfonditi... E questo film racchiude tutte queste qualità. Tuttavia non so come abbia fatto, ma questa apparente scarsità di contenuti è riuscita a trasmettermi molto più di quanto avrebbe mai fatto l'opposto. E' come camminare nelle scarpe dei protagonisti: le loro azioni parlano da sole.
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