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Ann ha ventitre anni, due figlie piccole, un marito che spesso è disoccupato, una madre che odia il mondo e un padre che ha passato gli ultimi dieci anni in prigione. La ragazza vive in una roulotte parcheggiata nel cortile della madre e di notte fa le pulizie nell'università che avrebbe voluto frequentare. Dopo un controllo medico, la sua vita cambia completamente: da quel giorno Ann scopre di amare tutto ciò che la circonda. |
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In un certo senso siamo gli unici a sapere il segreto di Ann: accompagnarla verso la morte, e guardarla attraverso i suoi occhi lucidi, pieni di dolore e consapevolezza, è un'impresa difficile. Un film sofferto e gentile. |
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REGIA - MUSICHE - RITMO - IMPEGNO - POETICITÀ | |
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SCENEGGIATURA - ORIGINALITÀ | |
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Scoprire che tutta la propria esistenza è stata un sogno/incubo e svegliarsi alla scoperta di un male che pervade il corpo, coincide con quel senso profondo di estraneità e di isolamento esistenziale, che permette di porsi al di sopra della morale comune, al di là del bene e del male.
A ventitrè anni si è troppo giovani per morire e si ha una lista lunga di cose da fare. Con due figli, un marito spesso disoccupato, una roulotte come casa, la gioventù negata è il "prologo" di una disperata resistenza a non lasciarsi omologare in alcun sistema e nella ricerca di conservare, intatta, la propria libertà: è l’amara raffigurazione del percorso umano.
La malattia "espansiva" interferisce e si sovrappone tra il mondo esterno e quello interno, dando un senso a quanto accade. Cinema che si fa identità di genere sulla soggettività femminile: il corpo, l’affettività, l’esclusione, come base di un "io" disperso, pronto a costituirsi e disfarsi.
Isabelle Coixet non incarta la sua storia nelle situazioni emblematiche, nei piccoli particolari d’inconcludente funzionalità. Anziché tradurre un soggetto potenzialmente così macabro in contabilità dei sentimenti, la regista spagnola sceglie una messa in scena tutta in ritegno, largamente venata di malinconia, ma dov’è la vita a vincere sulla morte.
I dettagli, le voglie, le richieste, alludono ad una pseudo interattività: certi eventi, apparentemente consueti ritornano straordinari e unici. Sistemano il tempo sui piani del discorso e non del racconto. Quel tono minimalista sembra trovare un ampio respiro e una convincente ispirazione.
Ann si vede sotto la pioggia, narra i cambiamenti desiderati già in corso e quando ormai lei non c’è più; la morte non sopraggiunge lentamente perchè si è già rivelata agli occhi ignari di chi vive al suo fianco. |
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News sul film “La mia vita senza me” |
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Berlino, Italia in gara con Grimaldi e Falorni (10 Gennaio 2008)
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