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Recensione: Tandem (1987)

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Tandem
titolo originale Tandem
nazione Francia
anno 1987
regia Patrice Leconte
genere Commedia
durata 86 min.
distribuzione Bim Distribuzione
cast J. Rochefort (Mortez) • G. Jugnot (Rivetot) • S. Granotier (Libraia) • J. Jezeque (Cameriera all'hotel De La Gare)
sceneggiatura P. LeconteP. Dewolf
musiche F. Bernheim
fotografia D. Lenoir
montaggio J. Hache
media voti redazione
Tandem Trama del film
Mortez e il suo assistente Rivetot girano la Francia presentando "La lingua del gatto", un improbabile quiz radiofonico. Mortez è venerato dal suo pubblico e da Rivetot; da 25 anni i due viaggiano e vivono fianco a fianco, perché Rivetot sopporta qualsiasi cosa pur di stare col proprio idolo: le nottate in macchina, gli alberghi squallidi, le crisi isteriche... Mortez è ancora animato dall'entusiasmo per il "suo" programma, quello che lui ha inventato: e quando Rivetot viene a sapere che il quiz sarà soppresso, si guarda bene dal comunicarglielo...
Recensione “Tandem”
a cura di Andrea Olivieri  (voto: 6,5)
Instancabilmente curioso e delicato, il maestro Leconte punta l'occhio della cinepresa, a volte con ossessiva attenzione altre con finta distrazione, sui due mezzi mondi dei protagonisti; il bianco e il nero, indispensabili l'uno all'altro, così come sono Mortez e Rivetot, espressione della solidarietà del genio e della modestia, trionfo della stravaganza e dell'umiltà.
Il cineasta francese disegna (luce naturale, immagini sgranate ed ambienti realistici di forte impatto visivo) il divertente, amaro ed amorevole ritratto dell’eterna condizione di solitudine dell’uomo, ricordandoci che anche in "Tandem" è sempre l’unione di due essere solitari a creare la felice e fragile forza di una coppia in viaggio nella società di massa in cui viviamo.
Affiancato nell’occasione dal bravissimo Gérard Jugnot, Rochefort offre un’altra prova di sottile, sorniona misura attoriale: basta un suo sguardo per intravedere nei suoi occhi, la fiera consapevolezza di una solitudine cercata e non subita, nel nome dell’amore nei confronti di un lavoro che lo ha ridotto a una sorta di vagabondo di lusso, sradicato dalla propria terra, cittadino del mondo. E quando il programma rischia di chiudere, dopo lustri di fortunate trasmissioni, i due sapranno uscire di scena con dignità, anche se li aspetta, forse, una vita miserabile. Ma la fortuna premia i giusti, e forse anche oggi c’è ancora spazio per l’utopia.
Leconte preferisce concentrarsi sui volti dei suoi due protagonisti, e sull’arguzia dei dialoghi; sullo sfondo della provincia francese (e del mondo) incolore, tristemente folkloristica e popolata da quella stramba, varia e vera umanità, ci riconcilia con il gusto più sincero ed immediato della vita.
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