|
|
Nel mondo glamour di New York City, Robecca Bloomwood, amante dei divertimenti, è bravissima nel fare shopping, sogna di lavorare per il suo magazine preferito, fino a quando al colmo dell'ironia, riesce a strappare un lavoro come firma di una rubrica per un magazine finanziario pubblicato dalla stessa compagnia. Ora che i sogni stanno finalmente per realizzarsi, cercherà strenuamente, e spesso in maniera molto divertente, che il suo passato non rovini il suo futuro. Tratto dalla serie di libri best seller dell'autrice inglese Sophie Kinsella. |
|
|
|
Becky vive a New York, adora i vestiti e gli accessori sgargianti, desidera con tutte le sue forze diventare redattrice di una rivista di moda ma combina un disastro dopo l’altro senza mai perdere il sostegno della sua migliore amica. Si capisce perché “I Love Shopping”, tratto dai primi due libri della fortunata serie di Sophie Kinsella, sia stato paragonato (ancor prima della sua uscita) a “Bridget Jones”, “Il diavolo veste Prada” e “Sex & the City”. Non a caso, la costumista è la stessa degli ultimi due e i vestiti sono il cuore della storia.
Vestiti e accessori non sono solo l’ossessione di Becky, che per appagare il suo bisogno irrefrenabile di shopping contrae un debito enorme con le carte di credito, ma anche l’elemento che imprime più vivacità a questo genere di film. Posto che nella vita reale qualsiasi datore di lavoro guarderebbe quantomeno con diffidenza una dipendente che si cambia tre volte al giorno, si assenta dal lavoro per approfittare dei saldi e copre la sua ossessione con bugie compulsive, si deve concludere che “I Love Shopping” è in effetti un cartone animato.
La verosimiglianza con situazioni reali è completamente assente da questo film come da altri, nonostante le campagne pubblicitarie tese convincere le donne che si parli di loro. E questo è irritante, e molto. Se invece si riuscisse a prendere il film appunto come un cartone animato, si potrebbero notare alcuni elementi positivi. La protagonista Isla Fisher, per esempio, esce parzialmente dagli standard del ruolo e non ci ammorba con sorrisini, bronci e strilletti, scegliendo una comicità più “fisica”, da cartone per l’appunto. Le risate che il film regala sono esclusivamente merito della sua interpretazione, e non certo dei dialoghi.
Il casting ha fatto un ottimo lavoro con la scelta dei comprimari, peccato che i loro ruoli siano quanto di più scontato ci si possa aspettare, dall’amica paziente e compassionevole alla bellona bionda e carrierista, senza dimenticare i genitori svagati ma affettuosi. L’elemento romantico è assicurato dall’attrazione corrisposta di Becky per il suo capo, l’affascinante per contratto Hugh Dancy di cui non si può dire troppo male in quanto la sua parte non gli chiede di recitare ma solo di assumere un atteggiamento attraente e distaccato.
Sarà merito delle scelte di produzione, sarà l’effetto dei tempi che stiamo vivendo, bisogna però ammettere che il legame ossessivo-complusivo tra Becky e lo shopping, e ancor di più i suoi tentativi comico-patetici di sfuggire all’incubo dell’esazione crediti, non lasciano completamente indifferenti, al contrario dei tragici tentativi di protagoniste di altri film di trovarsi un fidanzato decente. Insomma, dietro la cornice di un film banale si intuisce più che vedere un antico legame, la comicità che nasce dalla tragedia. |
|