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Luca, musicista italiano che vive a Praga, è in preda ad un'incontrollabile gelosia per la sua fidanzata Klara, studentessa di storia dell'arte in procinto di laurearsi. Insospettito dal rapporto della ragazza con Pavel, suo tutor all'università, Luca incarica un detective, Denis, per controllarla. Dopo i primi pedinamenti, effettuati con l'aiuto di sofisticate tecnologie, il detective decide di nascondere alcune prove che ritiene non importanti, quasi a voler proteggere il cliente tormentato dai sospetti... |
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Due anni dopo “I Vicerè”, torna l'elegante regia di Roberto Faenza. “Il caso dell'infedele Klara” trascina lo spettatore nella completa immedesimazione, pervaso di Otelliana gelosia, “quel mostro dagli occhi verdi che dileggia il cibo di cui si nutre”. Chi osserva diventa Luca geloso di Klara, all'esperienza personale preferisce il dubbio, si lascia assorbire dalla storia diventandone quasi una parte. L'ossessione è il principio e il fascino di tutto il cinema di Faenza. Lo studio dell'ossessione, il fenomeno svelato o perlomeno percorso sono il tessuto narrativo di ogni sua sceneggiatura, originale o tratta da un Romanzo, come in questo caso l'omonimo scritto da Michal Viewegh, non ha importanza. Conta solo che ci sia una psicologia da mostrare; ed è così dalla Buy (Olga) abbandonata (“I giorni dell'abbandono”), a questo Santamaria (Luca), talmente geloso della sua Klara, da essere addirittura consapevole della propria malattia.
Il film risulta infallibile nell'interesse che crea. Quale spettatore, profano o colto che sia, potrebbe dire di non esser mai stato geloso?
Faenza coinvolge nel suo intrigo primario, batte deciso sulla derivante morbosità e sull'innegabile sensualità che essa produce, sulla sessualità che ogni ruolo è costretto ad avere, sul fascino di una città, Praga, che sembra anch'essa sedurre.
Quando sul finale “Il caso dell'infedele Klara” propone la sua svolta, il dramma di Luca diventa apparente, addirittura quasi presunto e l'ironia esplode divertita e consapevole, deludendo ed eludendo morali per costruire una parabola originale sulla più incontrollata e diffusa passione (ossessione?) di tutti gli umani innamorati.
Mentre sono bravissimi gli attori stranieri, su tutti Iain Glen, già protagonista di “Prendimi l'anima”; deludono quelli italiani. Santamaria è anonimo; Laura Chiatti, limitata dal suo stesso doppiaggio (il film è girato in lingua inglese) è stereotipatamente deludente. |
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Commenti del pubblico |
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