Cinema del Silenzio - Rivista di Cinema

Recensione: Paradise Now

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Paradise Now
titolo originale Paradise Now
nazione Palestina
anno 2005
regia Hany Abu-Assad
genere Drammatico
durata 90 min.
distribuzione Lucky Red Distribuzione
cast A. Suliman (Khaled) • L. Azabal (Suha) • A. Hlehel (Jamal) • K. Nashef (Said) • H. Abbass (Madre di Said)
sceneggiatura H. Abu-AssadB. BeyerP. Hodgson
musiche J. Sumedi
fotografia A. Heberlè
montaggio S. Vos
uscita nelle sale 14 Ottobre 2005
media voti redazione
Paradise Now Trama del film
Due giovani palestinesi, Khaled e Said, amici fin da piccoli, sono stati reclutati come kamikaze. Si dovranno far esplodere il giorno dopo a Tel Aviv. I due decidono di trascorrere quella che sanno essere la loro ultima notte di vita, insieme alle proprie famiglie. Possono stare con le persone che amano, ma non devono assolutamente rivelare nulla, né far capire qualsiasi particolare della loro missione. Il giorno dopo si congedano dalle famiglie, si fanno attaccare al corpo i congegni esplosivi e si preparano al momento decisivo. Ma non tutto va come previsto...
Recensione “Paradise Now”
a cura di Glauco Almonte  (voto: 8)
“Soltanto in Dio c’è la verità.”
Sbagliando premesse, azioni e reazioni si genera il più importante conflitto che abbia interessato l’occidente dalla seconda metà del Novecento. Una questione che esternamente interessa ed influenza tutto il mondo arabo, ed oltre oceano il cosiddetto impero democratico, vista dall’interno non rimane che un confronto a due, con i torti israeliani e quelli palestinesi impegnati in una competizione lungi dal vedere la fine.
Una contrapposizione radicale nelle sue basi, tra popolo e popolo, religione e religione, ognuno oppresso, ognuno oppressore. In questa situazione il malessere palestinese è più forte, incapace di fronteggiare militarmente un avversario troppo superiore.
Said e Khaled non hanno assistito alla nascita di questo conflitto, e non ne vedranno la fine. Non si tratta di una situazione passeggera, di un cambiamento: la guerra è la loro esistenza, il loro modo di vedere le cose. Nati e cresciuti tra povertà, desiderio di rivalsa e vergogna per parenti collaborazionisti, la loro unica possibilità di una vita migliore non è un ambizione terrena: essere scelti da Dio (ma perché non lasciare Allah nel doppiaggio?) è un onore, anzi, l’onore più grande. Che poi non sia Dio a sceglierli, ma un’organizzazione terroristica, non è che un dettaglio nella loro situazione: non avere libertà, opportunità o capacità di scegliere. Essere scelti, questa l’unica soluzione.
Alla loro cieca determinazione si contrappone la razionalità di Suha, nell’ottima interpretazione di Lubna Aznabal: dall’iniziale dolcezza alla durezza nella condanna di una lotta dannosa per la sua aspirazione alla pace; ma il muro, tra lei cresciuta all’estero e chi è vissuto per la guerra, è invalicabile.
L’occhio di Abu-Assad sembra sopra le parti nell’assistere all’azione dei kamikaze: quello che vuole rilevare non è il gesto in sé, né le motivazioni, ma il punto di vista di chi lo compie. Passando sopra alla boutade di un ultimo pasto al quale prendono parte in tredici, il risultato è eccellente, lasciando allo spettatore la consapevolezza di cui Said, Khaled ed ogni altro protagonista del conflitto sono privi.
La verità non esiste.
Commenti del pubblico







Ultimi commenti e voti
Medaglia d'Oro (376 Commenti, 59% gradimento) brata Medaglia d'Oro 3 Giugno 2016 ore 13:51
1
voto al film:   8

Bello e crudele incolla allo schermo lo spettatore senza dargli una possibilità di fuga. Non da giudizi nè obbliga noi a darne, ma racconta una storia quotidiana di persone disperate. Da vedere
Medaglia d'Argento (106 Commenti, 59% gradimento) cartillo Medaglia d'Argento 7 Gennaio 2016 ore 13:03
voto al film:   8

Utente di Base (12 Commenti, 10% gradimento) marcopecs 4 Novembre 2013 ore 23:22
voto al film:   8

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