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Recensione: Il fiume

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Il fiume
titolo originale He Liu
nazione Taiwan
anno 1996
regia Tsai Ming-liang
genere Drammatico
durata 115 min.
distribuzione Lucky Red Distribuzione
cast M. Tien (Padre di xiao) • C. Shiang-chyi (Amante di Xiao-Kang) • L. Hsiao-ling (Madre di Xiao) • L. Kang-sheng (Xiao-Kang)
sceneggiatura T. Ming-liangT. Yi-chunY. Bi-ying
musiche Y. Ching-an
fotografia L. Peng-jung
montaggio L. Cheng-chingC. Sheng-Chang
media voti redazione
Il fiume Trama del film
Un giovane si presta a fare da controfigura in un film diretto dalla regista Ann Hui (nella parte di se stessa). L'immersione nelle fetide acque del fiume Tanshui lo lascia con un fastidioso torcicollo. Mentre il ragazzo passa da un medico all'altro alla ricerca di un rimedio che non riesce a trovare, il padre insegue il piacere in saune frequentate da omosessuali e la madre tenta di consolarsi con un amante apatico.
Recensione “Il fiume”
a cura di Andrea Olivieri  (voto: 7)
"Il fiume" è la storia di Xiao-Kang, un giovane di Taipei che, per fare la controfigura di un film, si getta nelle acque inquinate di un fiume e si prende un misterioso torcicollo. La storia si snoda seguendo le orme del giovane tra i suoi continui e vani spostamenti in motorino alla ricerca di una cura che nessun tipo di medico riesce a trovare, e la sua vita in famiglia, caratterizzata da una insuperabile incomunicabilità, dove ogni membro vive chiuso in un mondo proprio, invariabilmente corrotto e vizioso:il padre vivendo rapporti omosessuali in lugubri saune, la madre frequentando uno squallido venditore di cassette porno.
L'incomunicabilità assume toni duri e grotteschi. Al termine del film il rapporto ambiguo tra padre e figlio si risolve in una scena di sesso tra le più belle e sconvolgenti mai viste: cinque minuti di silenzio con impercettibile movimento dei protagonisti, inquadrati con un plasticismo e cromatismo come immagini in un dipinto. Nell'ultima scena il torcicollo, proiezione del malessere interiore del protagonista, non sembra scomparire e nessuna via d'uscita sembra aprirsi, neanche un possibile suicidio.
Tsai Ming-Liang, uno dei più apprezzati registi asiatici e in particolare di Taiwan, descrive fino ai limiti del parossismo quella che è una vera e propria malattia dei nostri tempi, l'alienazione, rappresentandola con lunghissimi piani sequenza che ritraggono i protagonisti ora in comportamenti meccanici e rituali, ora in movimenti armonici e ripetitivi, ora in espressioni insofferenti o inanimate. I movimenti all'interno delle inquadrature sono talmente lenti che Tsai M.L. potrebbe essere accostato ad un pittore più che ad un regista, tanto più che i dialoghi sono brevi e sporadici; tuttavia un occhio sensibile non può non avvertire quanto ci sia dietro quei movimenti impercettibili, quanta forza, quanta poesia.
Evidente è l'influenza di Andrej Tarkovskij , non solo per la presenza metaforica dell'acqua. Tutta l'acqua che vediamo scorrere durante il film non produce nessun tipo di conseguenze interne nei protagonisti; produce solo "disastri". Non scende sui personaggi per purificarli, piuttosto li corrode, come corrode una città in preda al disfacimento, senza un'identità culturale, persa tra cibi e tradizioni orientali.
Orso d'argento a Berlino '97.
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