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Sono passati cinque anni dall’Erasmus, dall’appartamento spagnolo, e Xavier ora cerca di trovare la sua strada nel mondo della scrittura e nell’amore, ma alle soglie dei trent’anni passa da una donna all’altra senza riuscire a trovare quella giusta così come si trova ad accettare, per poter lavorare, di scrivere romanzi rosa e sceneggiature per piccoli serial tralasciando il suo progetto di un grande romanzo. Rincontrare i suoi ex coinquilini sarà l’occasione per riuscire a dare una svolta alla sua vita. |
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Cédric Klapisch torna dopo tre anni con un nuovo lungometraggio, sull’onda del grande successo riscosso dal precedente. Ovviamente il film parte dal presupposto di riprendere i fili dei discorsi interrotti nel precedente capitolo e di mostrarci come sono andate a finire le cose per i simpatici personaggi de “L’appartamento spagnolo”. La domanda alla fine della visione è: ce n’era proprio bisogno?
Le doti del regista come ideatore di commedie ritornano indubbiamente. Ci troviamo immersi nelle vicende amorose e lavorative dell’ormai trentenne Xavier, alla ricerca principalmente di un perché, come tutti quelli che oggi si avvicinano all’incertezza dei trent’anni. Passa da una storiella all’altra e nel suo letto di single si alternano ragazze conosciute qua e là, mentre non riesce a staccarsi definitivamente dalla sua ex (la bellissima Audrey Tautou), che come lui, e un po’ tutti i personaggi principali, si trova nella stessa situazione.
Anche la casa dove vive cambia di continuo, ospite di vari amici a Parigi, viaggia anche da una città all’altra mostrandoci alcune delle città più belle d’Europa, da Londra a San Pietroburgo.
La sua strada nel lavoro sembrerebbe averla scelta, la scrittura, ma anche qui la precarietà e la mancanza di una presa decisiva di posizione lo portano ad accontentarsi di lavoretti saltuari piuttosto che gettarsi a capofitto nell’impresa di portare a termine il romanzo che sogna di scrivere dai tempi dell’Erasmus. E, come per magia, ecco che riappare proprio la sua coinquilina inglese di Barcellona, Wendy, con cui deve lavorare a quattro mani alla stesura di una sceneggiatura. Standole vicino farà chiarezza almeno nella sua vita sentimentale (perché della lavorativa non se ne accenna più chiaramente e il romanzo non si capisce se lo pubblicherà mai) e, non senza vari momenti di stallo, la loro storia diventerà “la storia”. Il tutto verrà suggellato nella stupenda San Pietroburgo dove, per le nozze del fratello di Wendy, si ritrovano tutti gli ex-Erasmus.
Il finale è a base di vodka e ritmi stile Bregovic, dove tutto sembra sistemarsi da solo, anche troppo facilmente.
La difficile ricerca dell’amore, della cui esistenza si è spesso portati a smettere di credere è la storia principale, portante. Questa però è intrecciata con mille altre storielle e personaggi secondari, lasciati solo intravedere, che ci fanno perdere dentro una narrazione troppo allungata e che ad un certo punto sembra non finire mai. Di fatto finisce senza troppa chiarezza, non sembrano veramente essere tutte a posto le tessere del puzzle. C’è un po’ di tutto e quindi non c’è niente. Quasi immediato il paragone con le storie raccontateci da Muccino e la voglia di sapere quanto di autobiografico c’è nelle vicende narrate.
Ritorna il montaggio carico di flashback e accelerazioni, di immagini sovrapposte e stacchi bruschi, che, come nel primo capitolo, possono dare fastidio e creare confusione. |