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Recensione: E la vita continua

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E la vita continua
titolo originale Zendegi edame darad
nazione Iran
anno 1992
regia Abbas Kiarostami
genere Drammatico
durata 91 min.
distribuzione Cadmo Film
cast F. Kherardmand (L'uomo) • B. Bayour (Il figlio)
sceneggiatura A. Kiarostami
fotografia H. Paevar
montaggio A. KiarostamiC. Sayad
media voti redazione
E la vita continua Trama del film
Dopo il terribile terremoto che sconvolse il nord dell'Iran nel 1990, un padre e suo figlio partono in macchina verso questa regione devastata per sapere cosa è accaduto ai due giovani eroi del film "Dov'è la casa del mio amico?". Durante il viaggio che li conduce verso il villaggio dei ragazzi, scoprono che, malgrado le numerose vittime e la vastità della distruzione causata dal terremoto, per i sopravvissuti al disastro la vita continua.
Recensione “E la vita continua”
a cura di Andrea Olivieri  (voto: 7)
Cinque anni dopo "Dov'è la casa del mio amico?", Kiarostami realizza il secondo capitolo della trilogia. Tra le due pellicole il cineasta realizza "Compiti a casa" (1989) e "Close up" (1990).
"E la vita continua" vuole essere la testimonianza della vita, capace di nascere e trovare sostentamento anche nelle situazioni più tragiche.
Un terribile terremoto nel giugno del 1990 ha, infatti, colpito la regione del Gilan, causando più di cinquantamila vittime. Il viaggio di Farad alla ricerca dei due ragazzini che hanno recitato in "Dov'è la casa del mio amico?" nelle zone disastrate, si trasforma in un vero e proprio inno alla vita.
La sofferenza si fa immagine, ma è un'immagine che non vuole colpire il lato sentimentale del pubblico, che si inserisce nelle pieghe del racconto. Il popolo dei terremotati ha un peso sulle spalle morale e fisico, che difficilmente si può superare. Il dolore è sulla pelle e il regista lo fa vedere ma senza evidenziarlo. Suggerisce sotto voce, non urla.
Invece di andare con una videocamera e girare un documentario di sicuro impatto emotivo, fa passare alcuni mesi, decidendo di ricostruire l'accaduto, nel senso che ogni immagine è recitata, per frapporre, tra il dolore della persona e la rappresentazione di esso, la membrana della finzione e rispettare così l'intimo valore dei sopravvissuti. Facendo ciò riesce anche a non cadere nel patetico e nella banalizzazione dell'esperienza umana, grazie al suo riserbo, a quella timidezza e rispettosità che avevano sottolineato già i suoi primi lungometraggi.
L'andare con una cinepresa nei luoghi del terremoto ha richiesto, così, una forte riflessione sul ruolo del cinema e sui limiti dello sguardo cinematografico.
Il regista si avvicina agli argomenti trattati non attraverso l'improvvisazione o le facili emozioni, riuscendo a dare vita al film e contemporaneamente a non banalizzarlo.
Commenti del pubblico







Ultimi commenti e voti
Utente di Base (3 Commenti, 50% gradimento) stefano61 19 Luglio 2013 ore 12:34
voto al film:   10

Solo il finale meriterebbe la visione. Un'inquadratura dall'alto con un'auto che si arrampica sulla salita a fatica e la musica di Vivaldi in sottofondo. Un finale tra i più belli credo, di un film poetico e non sentimentale con il sottofondo di una tragedia immensa, dimenticata da tutti.
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