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Nella villa del marchese De la Chesnaye si riuniscono, ufficialmente invitati per una battuta di caccia, amici, coniugi ed amanti, pronti a dare il via ad un gioco delle coppie del quale tutti i partecipanti fingono d’ignorare l’esistenza.
La situazione inevitabilmente precipita, finché l’assassinio di uno degli ospiti, ucciso per giunta per uno scambio di persona, non procura a tutti lo shock necessario ad arrestare le danze; tutto può tornare come prima, le maschere tornano sui volti. |
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Jean Renoir dipinge (sarà merito del DNA...) il ritratto di una società nel pieno della propria decadenza; una società fatta di sguardi gonfi di disprezzo nei confronti degli amici di spalle, in cui ognuno guarda gli altri cercando allo stesso tempo di non essere visto.
Non inganni l’aspetto, a tratti, di commedia degli equivoci: nel rappresentare uno stile di vita prossimo al collasso ci sono un realismo ed una crudezza prossimi alla disperazione, all’idea che alla fine della caduta non ci sia nulla. I personaggi (Octave è in parte un’eccezione, ma essendo interpretato da Renoir stesso non conta) si comportano tutti allo stesso modo, secondo una regola non scritta che dice di celare ogni pensiero dietro alla maschera dell’ipocrisia. Chi non si lascia mai prendere la mano dal precipitare degli eventi, è il padrone di casa, la cui imperturbabilità è d’esempio per tutti quelli, come lui, sospesi tra desiderio e facciata. Paradossalmente è proprio nell’apatia cronica del marchese, combattuto tra moglie ed amante, che si sublima il grado di sfacelo della società rappresentata.
L’illusione della normalità come regola lascia il campo alla desolante realtà: esattamente l’opposto, nei contenuti ma anche nello stile, nel modo di raccontare freddo e distaccato, de La grande illusione; opera del resto citata apertamente quando Octave-Renoir ‘coglie’ il fiore dal vestito di Lisette, lasciandolo poi nelle mani – di chi altrimenti – del generale.
Lo sguardo freddo del regista si scalda in un solo momento, quando ‘passa in rassegna’ gli animali della tenuta prima che inizi la caccia; per poi tornare subito a raffreddarsi, tra gli animali impagliati e i rappresentanti d’una razza, quella umana, non meno morta. |
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8
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Un film che apparentemente sembra un divertissement senza troppe pretese, a una visione attenta si rivela profondo e crudele come pochi. Truffaut lo definiva "il film dei film"; quel che è certo è che l'opera conserva ancora oggi un fascino unico, e che i personaggi sono ritratti mirabilmente, con le loro bassezze, le loro debolezze, i loro errori, e anche le loro ragioni (Non a caso Octave, ricorda che la cosa tragica è che ognuno, a modo suo, ha le sue buone ragioni)...
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7,5
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7
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News sul film “La regola del gioco” |
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44° 'New York Film Festival' (19 Settembre 2006)
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