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Don Johnston, scapolo impenitente, riceve una misteriosa lettera, senza firma, da una sua probabile ex amante che lo informa di essere padre di un ragazzo di 19 anni. Don si confida con Winston, suo amico e vicino di casa, che gli consiglia di andare alla ricerca di colei che può aver scritto la lettera. Così, superando la sua ostilità per i viaggi ne intraprende uno attraverso gli Stati Uniti per scoprire quale delle sue vecchie fiamme può essere la madre del ragazzo... |
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"Stanchezza esistenziale."
L'avrete visto, si chiamano Bill Murray, Sharon Stone o Jessica Lange, Frances Conroy o Tilda Swinton. Ma la galleria non è quella della facile rivisitazione/celebrazione di quei miti che ti potevi anche aspettare. Piuttosto di un tragitto che si muta in un gioco ben rodato di scatole cinesi. Ad ognuna di esse corrisponde un ambiente diverso (divertito) che la scenografia compone con notevole sapienza. Subito si sommano una dominante cromatica, e le musiche percepiscono l’immagine (interiore) fino a comporre una serie (gentile) di ritratti psicologici.
C'è da sempre il tocco alla Jarmusch (sguardi, atmosfere, emozioni trattenute): ma dopo "Dead Man", c'era un prima e un dopo di quel capolavoro mancato. Quello di un regista che dopo aver osservato l'estetica americana dall'esterno, si era messo ad analizzare finalmente il paese ed i propri abitanti. Con un'umanità che gli credevamo estranea. E basta allora quel suo modo di far galleggiare una sublime Sharon Stone nella trasparenza sensuale dei suoi bicchieri di vino rosé, per spedire nel mondo dei sogni quello che era soltanto il giochino incantato (dell'assurdo).
In un film nel quale ci si sorprende ad osservare anche il paesaggio che sfila ai bordi dell'autostrada, a Jarmusch basta un fiore che appassisce, un treno dimenticato sui binari, le bolle nel bicchiere di champagne, i resti del pollo che ci ricordano che la festa è finita, per fare di "Broken Flowers" una "suspence" dell'anima. Sospesa nel tempo; ma di un tempo che non è più lo stesso, né passato né futuro.
Gran Premio della Giuria a Cannes 2005. |
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Commenti del pubblico |
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7
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i broken flowers passati in rassegna dal protagonista fior tra i fiori sono notevoli e molto jarmuschiani (non bastassero le altre, fanno capolino anche Tilda Swinton e Chloe Sevigny), ma il film sembrerebbe esagerare col gioco della sottrazione: la non-recitazione di Bill Murray portata all'estremo tinge il drama di quel comedy tutto particolare ma addossa quasi completamente allo spettatore l'onere di inventarsi un qualche coinvolgimento, e nel contempo un plot che definire scarno è un eufemismo richiede allo spettatore stesso un'attenzione totale - l'unica svolta narrativa è affidata a una mezza frase, a un nome, a una frazione di secondo, che si può prendere ma molto facilmente anche lasciare. alla fine la telecamera gira, gira la testa del povero Bill, gira parecchio anche la nostra: la verità è che l'astuto Jim ci ha messi tutti nel sacco. più che un film una sfida, per spettatori volenterosi e un po' masochisti. (p.s. nel commento precedente naturalmente intende |
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