Da più di un decennio gli scambi fra Università europee sono diventati una forte realtà grazie al progetto Erasmus che permette agli studenti degli stati comunitari di completare una parte del loro percorso di studi in un altro stato membro. Il quinto lungometraggio di Cédric Klapisch arriva puntuale tentando di fermare, cosa non così facile, l’immagine di questa generazione cosmopolita raccontando ai più questo fenomeno attraverso l’occhio di un venticinquenne francese.
Il pubblico si trova a seguire passo passo le vicissitudini di un giovane che parte allo sbaraglio verso un paese di lingua e cultura diverse dalle sue. E così lasciamo la casa paterna, la città natale, le amicizie e gli affetti per gettarci alla scoperta del mondo. L’impatto è forte, veniamo travolti dalla complicatissima burocrazia universitaria e ci troviamo soli in un posto sconosciuto: la bellissima e multicolorata/multiculturale Barcellona. Siamo costretti a vivere e a sopravvivere, uscendo dal nido protettore dove spesso ci si rifugia, imparando a far fronte alle necessità più banali della vita, dalla spesa alle bollette, trovando una casa, degli amici e in un certo qual modo noi stessi. Sì, perché lontani da casa, in un contesto completamente nuovo e stimolante, possiamo dar libero sfogo al nostro io, il “vero” io, spesso nascosto e tralasciato per gli obblighi che la società, la famiglia e le relazioni affettive ci impongono.
Xavier saprà crescere anche grazie ai suoi sbagli, riassaporerà la vita in ogni suo aspetto riscoprendone la semplicità e la bellezza nelle piccole cose quotidiane, lasciandosi portare alla deriva dal delirio delle notti universitarie e da una storia d’amore travolgente e incosciente con una donna sposata.
Un nuovo modo di guardare le cose anche nel ritorno a casa che, seppur traumatico come il primo distacco, si trasforma in una nuova sfida.
La fotografia e il montaggio, che ricordano uno spot pubblicitario, spezzettano la storia in un caotico susseguirsi, e a volte sovrapporsi, di immagini, che ben rispecchiano la frammentaria esperienza dell’Erasmus, vortice di incontri, scoperte e pochi attimi di lucidità, ma creano un prodotto leggero, indubbiamente divertente, giocato però su personaggi e situazioni esageratamente stereotipati e che culminano in un lieto fine quasi obbligatorio, con il risultato di dare una immagine semplicistica e idealizzata di quello che invece è un complesso fenomeno culturale. |