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Un gruppo composto da esploratori e cineasti indipendenti, che hanno in progetto di girare un documentario, si reca nella Skull Island, a largo di Sumatra, attirato dalla credenza che lì vi sia un gigantesco e pericoloso gorilla chiamato Kong. |
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Sesto film più costoso della storia del cinema. Impossibile con questo tipo di budget non ammaliare lo spettatore nei contenuti, nelle ricostruzioni scenografiche, nel turbine di effetti visivi che cavalcano le tre ore di immagini.
Peter Jackson sa che dopo la splendida “Trilogia dell’anello” nulla sarà mai come prima, a lui saranno concesse possibilità illimitate, il suo cinema è costretto allo show. Nel Signore degli Anelli, la visionarietà si accompagnava alla magia di una storia perfetta, in King Kong questo non accade.
Assistiamo a tre parti di film, quasi separate tra loro. La prima, la migliore, narrativa, dove i personaggi vengono inquadrati e descritti, lasciando intuire già quale sarà il loro intreccio; New York è già piena di luci, descritta da una serie d’immagini danzanti che sono repertorio visivo ormai di ogni epoca.
La seconda è il viaggio verso l’isola dei teschi, verso King Kong, verso un immaginario inesplorato, una sorta di era primitiva dispersa nel mare. Qui lo spettacolo eccede il limite, si alternano ricostruzioni e tensioni da film dell’orrore, l’incontro con gli indigeni è spaventosi, ma non si svela nessun contorno emotivo, scivolando ripetutamente nel banale. Spesso si assiste a un lungo campionario di bestie mostruose, interminabile e decisamente noioso, scene erotiche e comiche, impossibili e quindi ovvie. Si salva re Kong, il più temuto dell’isola. I suoi duetti con Ann Darrow sono imperdibili; bellissimo quello che sovrappone la bella e la bestia, confondendo i ruoli, in un panorama da sogno. Qui l’impossibile non ci sembra ovvio e ci emoziona, molto più della storia d’amore che l’attrice inizia con un altro dei protagonisti, lo scrittore Jack Driscoll.
La terza parte, epilogo tremendo e distruttore di King Kong a New York, trasporta il gorilla in cima all’Empire State Building per lottare con aerei e mitragliatori ma destinato per sua stessa scelta ad essere abbattuto. Lei è con lui e questo è l’unico desiderio di Kong che ora non fa più paura ed anzi appare poetico, addirittura piccolo in contrasto con le immense pareti del grattacielo.
Il regista Carl Denham, bravissimo Jack Black, chiude il film esclamando “è stata la bella ad uccidere la bestia”, lui democratico, folle protagonista e ispiratore di tutta la storia, un film nel film, intuisce e ci svela il messaggio: l’assurdità e la poesia di un amore tenero e impossibile tra due forma diverse, quella umana e animale, dove non c’è la forza a fare la differenza.
Come qualche era fa, quando sparirono i dinosauri e sul mondo apparvero gli uomini. |
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Commenti del pubblico |
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Ultimi commenti e voti |
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7,5
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7
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5,5
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6,5
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6
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6,5
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7,5
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Pienamente d'accordo con Diegen78 e diego93
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8
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A quanto pare vado decisamente controcorrente rispetto alla media dei voti dati a questo film. Ma l'ultimo King Kong non e' come i soliti remake del classico del 1933: pur rispettandone la trama, la caratterizzazione dei personaggi e le atmosfere, trovo questo King Kong uno dei film piu' personali del regista, che dirige questo kolossal con la stessa dose di fantasia e di incanto di qualunque adolescente che sia rimasto abbagliato dalla visione dell'opera di Cooper e Schoedstack. Jackson riesce a mescolare in maniera assolutamente magnifica l'avventura del film originale e la sua "poetica spettacolare" dell'azione e del fantastico.Uno dei film piu' suggestivi che abbia avuto modo di vedere negli ultimi anni, con un uso straordinario di scenografie, costumi, fotografia e degli effetti speciali digitali tra i piu' sbalorditivi che siano mai apparsi sullo schermo.
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4,5
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7
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Trovo i giudizi ingenerosi. Jackson ha voluto rendere omaggio al cinema degli anni '30 e '40 riprendendone l'estetica. A mio parere l'operazione gli è riuscita.
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