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Julia Jarmond, giornalista americana che vive in Francia da 20 anni, sta facendo un’inchiesta sui dolorosi fatti del Velodromo d’inverno, dove vennero portati migliaia di ebrei parigini prima di essere deportati nei campi di concentramento. Lavorando alla ricostruzione degli avvenimenti si imbatte in Sara, che nel luglio del 1942 aveva 10 anni, e ciò che per Julia era solo materiale per un articolo diventa una questione personale... |
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6,5
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l'ho trovato un po' forzato (tutte quelle storie per l'appartamento...), un filino retorico, e a tratti ingenuo - dopo averlo visto ho capito perché lo dessero in matinée per le scuole. nonostante questo sono stata contenta di vederlo, perché tutto sommato mi è piaciuto abbastanza, perché veder recitare Kristin Scott Thomas è sempre un piacere, e perché la scena del velodromo non la dimenticherò. come è bene che sia.
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8,5
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Il regista ricorre a una "chiave" originale per approcciarsi al tema. E lancia un messaggio che mi tocca particolarmente, condensato nella frase di chiusura della pellicola "Quando una storia viene raccontata non può essere dimenticata, diventa qualcos'altro: il ricordo di chi eravamo, la speranza di ciò che possiamo diventare". Recuperare la nostra identità, facendo i conti con il macigno della nostra storia è un problema attualissimo che possiamo traslare da quel contesto e recuperare anche noi in quanto italiani, e in qualità di individui, quando finiamo per vergognarci delle nostre origini, della provenienza e ancora di altro. Contrariamente ad altri film sulla deportazione degli ebrei, la narrazione è sobria e l'intento della regia sembra quello di indurre a riflettere, mai le scene arrivano a un parossismo di orrore tale da portare lo spettatore alle lacrime. Un film piacevole, che vale assolutamente la pena vedere
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Come molto spesso accade, mi ritrovo pienamente d'accordo con le considerazioni di Alessandro. Ho provato durante e post visione del film le stesse sensazioni di ricercatezza della scena ad effetto e della lacrima qui esposte da ale84. Alcune di queste scene riescono anche a raggiungere il loro obiettivo, ovvero portare alla commozione (come testimonia l' "oh mio dio, sto 'a fa un lago!" e il "e che te lo dico a fa" delle mie due vicine di posto), che io stessa ho in piccola parte provato. Tuttavia mi sono resa conto che questa partecipazione - almeno nel mio caso - era di tipo indotto e non genuino, quindi per molti aspetti falsa, poiché quasi creata chimicamente, o per meglio dire a tavolino da persone che hanno ragionato su quale secondo e quale istante lo spettatore avrebbe dovuto provare compassione e "piangere". Questo tipo di dinamica, spesso facilmente riconoscibile, mi crea disagio e mi porta a ribellarmi ideologicamente al film.
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Aspettativa sostanzialmente delusa da questo film, che nonostante una discreta regia e una sempre brava Kristin Scott Thomas, soffre di pecche evidenti a livello di sceneggiatura, a volte imbarazzanti, come nel finale strappalacrime o in certe scene ambientate nella redazione del giornale. Proprio la ricerca continua della scena ad effetto è ciò che nuoce di più al film, che si trascina ben presto stancamente da un presunto climax emotivo all'altro. La volontà di per sè lodevole di testimoniare e ricordare è offuscata da personaggi prevedibili e didascalici (il nazista che si commuove, la vicina spiona e filo-nazista). Un'occasione mancata.
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mi sa che vado a vedere questo film sono proprio curioso...
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Sono proprio curioso di vedere questo film.. Chissà!
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