“Parole d’amore” è l’adattamento cinematografico del bellissimo romanzo di Myla Goldberg “La stagione delle api”, edito in Italia da Fazi, che racconta l’infanzia della giovane ebrea Eliza Naumann che, cresciuta in una famiglia di geni, dopo anni di mediocrità si riscatta grazie alla sua eccezionale capacità nel sillabare le parole. Il padre, studioso di religioni, vedrà in questo un dono interpretando la dote della figlia attraverso la convinzione che nelle lettere e nelle parole è nascosto un modo per arrivare a Dio e parlargli.
Il film indebolisce notevolmente la carica mistica del libro, ma comunque riporta le caratteristiche principali della narrazione, giocata fra la ricerca da parte di tutti i membri del nucleo famigliare della propria spiritualità e i conflitti interni classici di una famiglia, dagli attriti padre-figlio alle incomprensioni fra moglie e marito o alle gelosie tra fratelli, ma che, se ad un primo sguardo possono sembrare anche un po’ banali, uniti a crisi spirituali, visioni ed esaurimenti nervosi vari diventano poco credibili, senza contare che tutto avviene sullo sfondo di una di quelle tradizioni americane che a noi europei risulta alquanto bizzarra: le gare di spelling.
Di fondo la storia sarebbe interessante, trattando il rapporto con la misticità attraverso la cabala e gli insegnamenti del mistico ebraico medievale Abulafia o parlando delle comunità buddiste e toccando anche le altre religioni fino ai rituali personali creati dalla madre della piccola Eliza, ma non si è riusciti a riportare sullo schermo in maniera forte queste tematiche e probabilmente non si è nemmeno voluto farlo, per non incorrere in ovvi rischi legati ad un argomento così delicato.
Sembra poco azzeccata la scelta degli interpreti adulti, mentre dei giovani non ci possiamo lamentare. Troppo romanzato in alcune parti risulta in altre poco comprensibile ed oscuro, soprattutto per certe scelte fatte dai personaggi. |