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Recensione: La messa è finita

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La messa è finita
titolo originale La messa è finita
nazione Italia
anno 1985
regia Nanni Moretti
genere Commedia
durata 94 min.
distribuzione Titanus
cast N. Moretti (Don Giulio) • E. Modugno (Valentina) • M. Lozano (madre) • F. De Ceresa (padre) • M. Messeri (Saverio) • D. Cantarelli (Gianni) • E. Masciari (ex parroco) • R. Vezzosi (Cesare) • V. Salemme (Andrea)
sceneggiatura N. MorettiS. Petraglia
musiche N. Piovani
fotografia F. Di Giacomo
montaggio M. Garrone
media voti redazione
La messa è finita Trama del film
Don Giulio torna a Roma, dove è cresciuto, per sostituire un prete che ha messo su famiglia. Tutti quelli che lo circondano, dai genitori agli amici d’infanzia, hanno problemi che Giulio sente di dover risolvere, senza riuscirci. L’infelicità che lo circonda ne incrina le certezze, le risposte che credeva di poter dare agli altri non sono più valide. Prima di andarsene, deve sconfiggere l’idea che nulla sia cambiato, ed accettarlo.
Recensione “La messa è finita”
a cura di Glauco Almonte  (voto: 9,5)
“Tutte le cose che tu non volevi vedere intorno a te”. Il ritorno di Giulio a Roma segna l’inizio del suo travaglio spirituale, e con esso della sua rinascita. Il tema di fondo è lo stesso di Bianca, Giulio non sopporta l’infelicità altrui (“credo che la vita sia fatta per la felicità, non per la solitudine”); ma qui la sua sofferenza è ingigantita dal suo ruolo, perché mentre tutti si danno da fare per stare male, allo stesso tempo pretendono da lui comprensione, aiuto.
Giulio torna a Roma che ha ancora lo spirito d’un bambino, se ne allontanerà alla fine per ritrovare la felicità insita nelle cose (e nelle persone) semplici, tra chi ha bisogno d’un amico, non di un confessore. L’inizio della sua sofferenza coincide simbolicamente col suo ‘battesimo’ nella fontana: gli amici, i genitori e soprattutto la sorella gli sono estranei nel loro modo di vivere, e mentre lui cerca di cambiarli ne viene cambiato, inizia a sentire su di sé la loro fatica, il loro egoismo, perdendo interesse nel prossimo. Giulio, che dovrebbe essere d’esempio, subisce il disordine altrui, non riuscendo a conciliare la sua vocazione con l’impotenza di fronte a questa situazione. Finché non viene a capo del proprio malessere, rimane solo in mezzo a persone altrettanto sole, incapaci di ascoltarsi a vicenda.
Alla fine, in una scena di grande spessore simbolico-emotivo (ma l’impatto visivo dell’inizio rimane ineguagliato), riesce finalmente a prendere coscienza della realtà: “per voi mi sono reso conto che non posso fare nulla; ho provato, ma non ce l’ho fatta. Spero sarete capaci di perdonarmi”. Giulio ha capito quali siano le sue possibilità in relazione al suo ruolo: non risolvere i problemi degli altri per aiutare se stesso, ma risolvere i propri per aiutare gli altri. La messa è finita, può andare in pace.
Orso d'argento - Premio Speciale della Giuria al Festival di Berlino 1986.
Commenti del pubblico







Ultimi commenti e voti
Utente di Base (0 Commenti, 0% gradimento) charlie91 4 Novembre 2015 ore 16:36
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Utente di Base (3 Commenti, 66% gradimento) Epo11 1 Novembre 2011 ore 21:30
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