Insignificante, normale. E, proprio per questo, colpevole: la storia di Paul incomincia con la più banale delle occhiate, quella alla bionda. Un numero di telefono, l'invito a raggiungerla nella sua abitazione; il tono è quello della commedia, un attimo sopra le righe, perché Rosanna Arquette induce addirittura il protagonista a pensare agli afrodisiaci. E siamo nel taxi: la lunga notte che ci aspetta incomincia a destare qualche inquietudine. Dopo tutto non può essere soltanto perché il tassista guida ad una velocità folle scendendo Manhattan; e nemmeno perché il nostro unico biglietto da venti dollari si è involato dal finestrino aperto. No, piuttosto è il "modo" con il quale Scorsese filma questo prologo, a suggerirci qualche dubbio: sono dei primi piani su degli oggetti apparentemente innocui, delle panoramiche verso delle direzioni immotivate, a sottolineare "vaghe" incertezze.
Eppure, sotto qualche sprazzo d'irreale, tutto ciò rimane tremendamente vero. "Fuori orario" è la cronaca di una notte di piacere, che si trasforma in una notte da incubo. L'itinerario scorsesiano è il medesimo. Quello del brav'uomo (troppo bravo) che vive il proprio calvario. Che, per ottenere la redenzione, deve espiare fino in fondo la propria normalità, la paura di affrontare le proprie inibizioni.
Storia di un'avventura galante; "Fuori orario" è l'incontro con le proprie fobie: dall'impotenza alla castrazione, dall'omosessualità a quella paura della donna che, sotto forme diverse e apparentemente caricaturali, costruisce nel film una galleria di personaggi eguali e dissimili. La perversa, l'isterica o la possessiva.
Costruito su una sceneggiatura perfettamente circolare e conseguente, animato da un'invenzione registica che avvicina perfettamente l'autore a quel burattinaio del bene e del male, "Fuori orario" è un labirinto comicamente assurdo e angosciosamente metafisico. All'interno di questo labirinto si sente vivere, animato da una voglia di creare e di liberarsi, un uomo di cinema. Con una vitalità e una felicità che confortano lo spettatore nell'epoca di tanti effetti così poco speciali. |
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