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Gli USA, a vedere certi spaccati di provincia come questo (bianco e) nero Nebraska di Payne, sono davvero un paese desolante. Il panorama descritto con grande sensibilità dal regista, insieme a due attori protagonisti eccezionali, racconta individui consumati, ridotti a vagoni senza meta che percorrono un binario che gli è stato imposto. Mortificati da un sistema più grande che li ha lasciati inesorabilmente soli, non sanno reagire alla miseria dell'anima che li attanaglia. Partendo da questo spaccato agghiacciante, P. propone un raggio di luce, un lampo di follia, che rivela un'inaspettata lucidità. L'idea di Woody di andare nel Nebraska è ovviamente una pazzia, e non ci sarà alcun premio alla fine del viaggio. "Non voglio andare a Lincoln per una stupida fantasia" ribatte David. Eppure è questa la scintilla che, proprio al rush finale di una vita tanto sofferta, risolleva un rapporto e rivela un commovente tentativo finale di seguire il proprio binario. Qualunque esso sia.
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Commedia (quasi commediola) triste all'Americana arricchita da un ottimo ed azzeccato bianco e nero pieno di belle riprese, quasi delle fotografie in certi punti, che caratterizzano positivamente una pellicola un po' troppo piatta a livello di ritmo e contenuti. Se il film fosse stato proposto a colori non avrebbe reso quasi sicuramente sopra la soglia della sufficienza.
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Un vecchio ormai senza memoria non rinuncia ad andare a Lincoln, Nebraska, per ritirare la vincita di un milione di dollari e trascina con se il figlio, anche se si tratta di una semplice pubblicita'. Come in A proposito di Schmidt, Sideways e Paradiso Amaro, i protagonisti intraprendono un viaggio alla scoperta di se stessi, fatto di piacevoli incontri e qualche baruffa. Payne non cambia stile e dirige una storia un po' piatta e non molto originale, costruita interamente su bei dialoghi realistici, strambi personaggi (su tutti la sboccata June Squibb) e assenza di ritmo. Tutto cade sulle gracili spalle del protagonista, un Bruce Dern che interpreta il ruolo di una vita dopo decenni da caratterista, in una prova intensa e sentita.
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proprio in Nebraska Payne aveva già portato un altro vecchio, lo Schmidt di Nicholson, con risultati non proprio entusiasmanti, ma questo Nebraska qui azzecca le dosi di una ricetta più curata e insieme più semplice, più sincera, che attraversando paesaggi e sentimenti che sono quanto di più depresso possa esserci nella provincia americana e nel cuore dell'uomo arriva a riaffermare - in controtendenza anche con molto cinema d'oggi - la ricchezza degli affetti. immagini molto belle, Bruce Dern incredibile e bravi anche gli altri, manca solo, purtroppo, quel qualcosa in più.
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