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Segre riprende il discorso intrapreso col fortunato "Io sono Li" continuando a parlare di integrazione, di solitudine, di affetto, e riesce a farlo con la stessa sensbilità e la stessa grazia del film precedente. Non siamo forse di fronte a niente di sconvolgentemente nuovo, ma di fronte alla bellezza della fotografia del paesaggio trentino, alla bravura degli attori (soprattutto del giovane protagonista), all'abilità del regista nell'evitare ogni scadimento nel melodrammatico e nel lacrimevole non si può che restare ammirati. Una piacevole conferma, che lancia definitivamente Segre tra gli autori del cinema italiano. Personalmente, continuo a non capire come non sia stato inserito in concorso e gli possano essere state preferite opere come "L'intrepido"...
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